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Italia: Scuola Attiva: in cosa consiste? È ancora praticabile per i docenti?

Italia/12 maggio 2018/.lentepubblica

Resumen: El Sistema Educativo ha evolucionado a lo largo de las décadas y, afortunadamente, ha pasado del formalismo a la escuela activa. ¿Pero cuál es el significado de este pasaje? ¿Cuáles son sus piedras angulares? Todavía hoy es posible hablar de una escuela activa para maestros?

Il Sistema di Istruzione ha avuto diverse evoluzioni nel corso dei decenni e, fortunatamente si è passato dalla scuola formalistica alla scuola attiva. Ma qual è il significato di questo passaggio? Quali sono i suoi capisaldi? Ancora oggi è possibile parlare di scuola attiva per i docenti?

Offrire alla popolazione un’istruzione per permettere la condivisione dei valori della modernità. È così che nasce l’istruzione correntemente intesa. Tuttavia, per giungere alla vera e propria istruzione contemporanea si è dovuto fare un vero e proprio upgrade di sistema.

Passando da un sistema esclusivo ad uno inclusivo. Scopriamo in che modo.

Dalla scuola passiva alla Scuola Attiva

Già alla fine dell’800 si auspicava, secondo il pensiero di John Dewey, la creazione di una scuola non convenzionale: non più impostata sul nozionismo e sull’ascolto passivo degli insegnanti o lo studio individuale come erano state le scuole sino ad allora. Ma una scuola secondo la psicologia dell’alunno e non del maestro.

Lo scopo era quello di generare un rapporto più stretto tra insegnanti e studenti in modo da evitare la tipica rivalità e facendo in modo di evitare tecniche mnemoniche per l’apprendimento. Favorendo così la coscienza individuale e lo sviluppo critico dell’alunno. scuola-attiva-partecipazione

Da qui nascerà poi l’espressione “scuola attiva“, coniata dal pedagogo Pierre Bovet e divenuta poi l’insegna della scuola moderna.

Per scuola attiva si intende:

  • Una reazione alla scuola tradizionale (passivaformalistica, incapace di adeguarsi alle esigenze degli alunni);
  • La proposta di un nuovo tipo di educazione.

Fu così che nacque e crebbe una concezione di scuola partecipata in senso vero e proprio.

scuola-attiva-maria-montessoriSeguendo questo indirizzo la rivoluzione educativa, in Italia, arriva tramite l’insegnamento di Maria Montessori. Questa donna, ha infatti dato un impulso fondamentale alla pedagogia moderna e al sistema scolastico. Grazie al suo metodo, che prese piede in alcune scuole già all’inizio del Novecento, per poi esplodere in America negli anni ’60.

Il cosiddetto Metodo Montessori, che è al servizio dei bambini dalla nascita fino al compimento della maggiore età, si concentra sull’indipendenza, sulla libertà di scelta del proprio percorso educativo (entro limiti codificati) e sul rispetto per il naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino.

Ma quali sono i precetti della Scuola Attiva? Lo studente va messo in contatto con la natura, deve sperimentare la coeducazione, il lavoro in gruppo e soprattutto l’etica del lavoro, nella convinzione che il soggetto impara assai più facendo che vedendo o ascoltando.

Tecnologia

La scuola sta cambiando profondamente, dagli spazi fisici ai metodi di insegnamento.

L’innovazione tecnologica che ruolo gioca in questa evoluzione? Ed in questo nuovo modo di intendere l’istruzione? Senza dubbio è molto importante.

Certamente si tratta di un nuovo modo di intendere la partecipazione dello studente all’attività didattica: per questo si stanno sviluppando sempre più espressioni quali Educazione 2.0 e Apprendimento Interattivo.

L’ambiente di apprendimento sta rapidamente cambiando e sempre più studenti vorrebbero che le loro scuole utilizzassero maggiori risorse educative digitali.

Una scuola aperta al 2.0 può stimolare maggiormente gli alunni e fornire loro gli strumenti intellettuali necessari a gestire autonomamente le nuove tecnologie e le loro risorse.

Strumenti nuovi, quali software e strumenti didattici che hanno effettuato lo switch-off da analogico a digitale possono aiutare in questo senso gli alunni ad avere una quota di maggiore partecipazione nell’apprendimento e più stimoli per migliorare la comprensione dei programmi scolastici.

Strumenti come la Lim (acronimo di Lavagna Interattiva Multimediale) che una lavagna digitale che probabilmente sostituirà i tradizionali cancellini e gessetti. Ma anche l’utilizzo di tablet per favorire la didattica digitale e abbattere i costi dei libri scolastici per le famiglie. Eliminando così il gap economico tra le famiglie.

Oppure l’utilizzo, per i docenti, del registro elettronico, così da poter snellire parte della burocrazia scolastica, al fine di dedicare maggior tempo all’insegnamento vero e proprio. scuola-attiva-tecnologia

Tuttavia questo resta ancora un campo minato: da un lato le Scuole italiane non sono ancora pronte a fornire ai docenti la strumentazione necessaria, nonostante la legge già imponga determinati obblighi a dirigenti scolastici e insegnanti.

Dall’altro gli studenti sono spesso abbandonati a se stessi. Troppo indaffarati sugli schermi dei propri smartphone e catturati dalla propria di tecnologia, per badare a un’offerta formativa 2.0 dal punto di vista istituzionale ancora incompleta.

Ciò nonostante si potrebbe, almeno sotto questo punto di vista, guardare al futuro in maniera ottimistica. Nelle scuole del 21° secolo, esistono già spazi che favoriscono la didattica laboratoriale ed esperienziale per l’acquisizione di competenze concretamente spendibili e non solo di conoscenze.

Lo studente può così diventare un attore nel processo di costruzione del sapere. Sempre, ovviamente, distinguendo la Scuola dall’Azienda: l’istruzione deve favorire l’ingresso nel mondo del lavoro ma non diventarne l’anticamera.

Inclusione

scuola-attiva-inclusioneLa Scuola Attiva concerne la piena partecipazione degli studenti alle attività della Scuola non come recettori passivi, ma come agenti attivi. Ma anche anche la pienainclusione dei soggetti in classe che presentano difficoltà di apprendimentodisagi fisici e motori o psichici.

In questo caso anche la legge, fortunatamente, viene in soccorso dell’istituzione scolastica. La Legge n. 170 del 2010 ha ad esempio come oggetto la disciplina normativa dei disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico costituisce il punto di partenza da cui poter far scaturire alcune riflessioni in merito alla tutela legale degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado.

Anche perché la situazione, in questo senso, è delicata. Secondo la fotografia del Censis si conferma, purtroppo, il trend in aumento dei ragazzi e bambini con diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Nell’anno scolastico 2014-2015 (ultimi dati disponibili) nel ciclo dell’istruzione secondaria di II grado ammontavano a quasi 68.000 individui, con un +180,9% rispetto all’a.s. 2011-2012, pari a 2,5 alunni ogni 100.

È importante anche che la Scuola venga in soccorso anche degli alunni con disabilità, ed è per questo che esiste la figura dell’Insegnante di Sostegno, introdotta nella scuola dell’obbligo italiana ai sensi della legge 4 agosto 1977, n. 517.

Questo docente deve attuare interventi di integrazione attraverso strategie didattico metodologiche specifiche, con altri insegnanti curricolari. Poiché insieme hanno la responsabilità della realizzazione del processo di integrazione scolastica.

 Il futuro della Scuola Attiva

 “Il contatto vitale con la realtà riguarda molto di più il fondo stesso, l’essenza della personalità vivente nei suoi rapporti con l’ambiente. E questo ambiente, ancora una volta, non è né un insieme di stimoli esterni, né di atomi, né di forze o energie; è un’onda mobile che ci avvolge da ogni parte e che costituisce il mezzo senza il quale non potremmo vivere.”

 Franco Basaglia

Né un insieme di stimoli esterni, né di atomi, né di forze o energie: un’onda mobile che ci avvolge da ogni parte. La definizione di Basaglia, che applicava questo concetto agli istituti di correzione, vale senza dubbio anche per le istituzioni scolastiche.

Solo, infatti, con una prospettiva di pieno coinvolgimento si possono fare interagire pienamente gli alunni con l’ambiente formativo. Stimolando così appieno la loro crescita mentale e spirituale. scuola-attiva-futuro

Ma è ancora possibile ragionare secondo questi stilemi ai tempi dei millennials? I casi continui di violenza, aggressione e insofferenza da parte dei ragazzi verso i propri formatori danno molto da pensare.

Forse serve semplicemente rimettere mano al sistema di istruzione (ma in modo serio, non semplicemente con una legge copia-incolla della Buona Scuola). Forse il sistema va scardinato e riassemblato. Con i docenti che possano avere di nuovo la forza di entrare in classe senza la paura di venire dileggiati. E gli studenti che ritrovino quell’educazione civica nei confronti dell’insegnante che oramai spesso è mancante.

È una lunga strada, ma si deve pur iniziare in qualche modo.

Fuente: https://www.lentepubblica.it/scuola/scuola-attiva/

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Docentes realizan huelga de hambre en Italia

Italia/05 de Mayo de 2018/HispanTV

Profesores italianos se han manifestado a los pies del Ministerio de Educación para protestar contra una sentencia que podría dejar sin trabajo a más de 55.000 profesionales. Algunos de ellos han comenzado una huelga de hambre. En Italia hay profesores que han dejado de comer desde hace una semana.

Imparten clase, vigilan el patio, acompañan a los alumnos al comedor escolar, pero ellos se privan de ingerir alimentos para protestar contra la amenaza de quedarse sin trabajo.

La huelga de hambre se ha convertido en una forma extrema de mostrar su rechazo a una polémica sentencia del Consejo de Estado que podría acabar en la mayor ola de recortes en educación de la historia reciente e Italia.

Y han venido hasta aquí, al Ministerio de Educación para demandar una solución al Gobierno, del que dicen, solo demuestra pasividad.

Los manifestantes se quejan por los que están a punto de irse, pero también denuncian las condiciones de precariedad en las que trabajan los actuales.

Reivindican el papel del profesor en un momento difícil para la educación italiana, con una alta tasa de abandono escolar, cercana al 14 %, casi cuatro puntos por encima de la media europea.

La Organización para la Cooperación y el Desarrollo Económicos (OCDE) recomendó invertir en educación como antídoto a la crisis económica. Sin embargo, Italia escogió en estos años el camino contrario. La inversión pública en educación representa cerca del 4% del Producto Interior Bruto (PIB), un porcentaje inferior al de otro países europeos.

Fuente: https://www.hispantv.com/noticias/italia/376000/docentes-huelga-hambre-trabajo

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Italia: Innovare la didattica a Scuola, ecco le condizioni: il ruolo del docente

Italia/21 aprile 2018/Por: Rosa Bottino/Agenda Digitale

Metodologie e attività innovative possono entrare nella scuola e modificare i processi di apprendimento e insegnamento, Ma perché ciò avvenga occorre creare le giuste condizioni, partendo da una rilettura del ruolo e dei compiti dei docenti e tenendo conto delle nuove necessità educative in una società sempre più complessa.

La sfida dell’innovazione educativa non è una questione meramente legata alla tecnologica, né unicamente una questione disciplinare o metodologica. Si tratta, piuttosto, di tener conto di una dimensione più ampia, legata ai cambiamenti in atto nella società che, direttamente o indirettamente, influenzano il cambiamento culturale della scuola.

C’è, infatti, un crescente bisogno di dare a tutti gli studenti metodi, strumenti e abilità che li mettano in grado di rapportarsi efficacemente con una società sempre più accelerata e complessa a cui le tecnologie digitali ma anche la globalizzazione delle relazioni, lo sviluppo scientifico, il crescere dei flussi migratori, le trasformazioni delle strutture familiari e dei comportamenti sociali, per citare solo alcuni dei fattori principali, pongono nuove sfide e necessità.

Alla scuola si richiede, di conseguenza, di dare risposte di qualità senza perdere la sua vocazione di scuola per tutti. Occorre, quindi, far fronte a nuove necessità educative sviluppando competenze che permettano agli studenti di affrontare con strumenti adeguati una realtà profondamente cambiata, ma c’è anche la necessità di superare difficoltà che, seppur tradizionalmente presenti nei nostri sistemi educativi, hanno bisogno di essere affrontate con nuovi strumenti e strategie. Si pensi, ad esempio, alle difficoltà messe in luce da studi internazionali[1] in settori fondamentali per la preparazione di tutti gli individui quali la matematica, le scienze, la lingua.

Creare le condizioni per l’innovazione a scuola

È lecito domandarsi in che modo metodologie ed attività innovative possano entrare nella pratica scolastica e come possano modificare i processi di apprendimento ed insegnamento. Occorre, a questo proposito, fare alcune premesse.

L’innovazione didattica non è un fatto isolato. Può essere prodotta anche indipendentemente da singoli docenti o gruppi di docenti, ma avviene in maniera radicata e durevole solo se a scuola si creano le giuste condizioni.

La possibilità di poter avere un certo grado di flessibilità per quanto riguarda la gestione del tempo, l’articolazione disciplinare e il coordinamento degli ambienti di apprendimento è sicuramente una delle condizioni necessarie. Così come la collaborazione a livello di istituto e il superamento dell’isolamento dei singoli insegnanti, specie quelli più innovatori.

I docenti dovrebbero condividere una visione del sapere e dell’apprendimento che superi l’idea della trasmissione diretta della conoscenza e si dovrebbe arrivare ad una rilettura del ruolo e dei compiti del docente, di che cosa si debba intendere per “studente competente”, nonché delle pratiche didattiche più adeguate al raggiungimento dei diversi obiettivi.

Inoltre, è opportuno tener conto di alcuni aspetti:

  • L’innovazione delle metodologie didattiche non può che essere un processo che ha bisogno di tempo per essere metabolizzato ed efficacemente attuato.
  • Modalità didattiche innovative non devono necessariamente sostituire le altre modalità tradizionali ma dovrebbero essere progressivamente presenti nel percorso educativo, anche attraverso una introduzione per gradi.
  • Gli insegnanti devono appropriarsi di tali modalità e non vederle come forme “episodiche” di didattica.
  • L’innovazione didattica dovrebbe idealmente essere una scelta condivisa fra insegnanti di una stessa scuola o rete di scuole e non prerogativa del singolo insegnante.
  • La formazione degli insegnanti deve rivestire un ruolo chiave a tal proposito e dovrebbe essere attuata anch’essa mettendo in atto metodologie innovative, quindi, in generale, dovrebbe avere una forte valenza di auto-efficacia, di soddisfazione, di motivazione e di coinvolgimento.

Scuola, nuove competenze e nuovi modi di apprendere

Nuove caratteristiche del sapere: non possiamo più fare riferimento ad un corpo stabile di conoscenze ma tener conto che il sapere è in rapida evoluzione, dinamico, interdisciplinare, più difficilmente categorizzabile, sempre più legato ad un approccio computazionale.

Praticamente in tutti i settori bisogna considerare che è in atto un adattamento dell’attività umana alle caratteristiche e alle possibilità date dalle tecnologie digitali. Ad esempio, la modellizzazione computazionale e le simulazioni numeriche cambiano la natura del fare scienza e si estendono anche alle discipline umanistiche con nuove implicazioni a livello cognitivo, sociale, antropologico ed economico.

Nuove conoscenze e competenze: competenze legate alle basi fondanti delle discipline tradizionali ma anche competenze e attitudini trasversali, utili per adattarsi ai cambiamenti che caratterizzano un ambiente dinamico e in equilibrio precario; conoscenze legate ad un sapere che è sempre più dinamico, olistico e situato.

Dagli interventi educativi ci si aspetta, quindi, a tutti i livelli, lo sviluppo del pensiero critico, dell’iniziativa personale, di saper imparare ad imparare e a confrontarsi con culture diverse e con un sapere distribuito e complesso, piuttosto che lo sviluppo dell’attitudine a svolgere azioni specifiche e l’acquisizione di informazioni e procedure predeterminate.

Occorre che gli studenti siano in grado di sviluppare (e questo lo chiede il mondo del lavoro) competenze trasversali ad ogni settore e ambito occupazionale; che siano in grado, cioè, di risolvere problemi affrontando la ricerca di soluzioni con duttilità e flessibilità; che imparino ad acquisire autonomia di giudizio, pensiero creativo, consapevolezza delle proprie capacità; che sappiano rendere gradualmente concrete ed operative le proprie idee.

Le competenze digitaliil digitale è stato troppo spesso considerato come il regno della granularità e della frammentazione e spesso le competenze digitali sono state fatte coincidere sostanzialmente con la capacità di utilizzare operativamente applicazioni e tecnologie. Oggi non è più così: la produzione di contenuti digitali diventa sempre più articolata e complessa e richiede competenze adeguate che vanno al di là del semplice utilizzo di applicazioni. Occorrono, infatti, non solo competenze tecnologiche e operative, ma anche competenze logiche, computazionali, argomentative, semantiche e interpretative. Inostri studenti, come raccomandato anche dall’OCSE, devono trasformarsi da consumatori in “consumatori critici” e “produttori” di contenuti e architetture digitali. Una delle sfide formative forse più impegnative che abbiamo davanti è relativa allo sviluppo delle capacità necessarie per reperire, comprendere, descrivere, utilizzare, produrre informazione complessa e strutturata, tanto nell’ambito scientifico e tecnologico quanto in quello umanistico e sociale.

Le nuove generazioni e i nuovi modi di apprendere: se pensiamo che l’ambiente in cui viviamo sta progressivamente diventando un ambiente in cui il digitale ha un peso sempre più forte dobbiamo assumere come riferimento un paradigma di apprendimento che superi il tradizionale modello fondato sulla trasmissione di conoscenze e sulla compartimentazione disciplinare e fare riferimento ad un modello di apprendimento che sia sintonizzato anche sulle caratteristiche e sulle opportunità offerte dal digitale: cioè un apprendimento di tipo socio-costruttivo, auto-regolato, situato, collaborativo.

Fuente: https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/innovare-didattica-e-scuola-si-puo-ecco-come-creare-le-condizioni/

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Perché l’insegnamento della letteratura dovrebbe guardare al presente

Italia / 14 aprile 2018 /thesubmarine

tutte le illustrazioni da “Una Grande Esperienza di Sé,” edizioni Pearson

C’è un problema generalizzato nell’insegnamento della letteratura alle superiori, un inghippo che trova le sue radici nella tradizione e nelle norme didattiche.

Alle superiori studiare letteratura significa, in certi casi, imparare a memoria le date importanti, leggere i testi, capire cosa sia una allitterazione, cosa una anafora e cosa un poliptoto, carpire qualche informazione sulla vita dell’autore e sapere la differenza tra pessimismo storico e pessimismo cosmico — appurando tragicamente che l’unica via è quella di impararselo a memoria. Uno studio tecnico, il cosiddetto compitino.

Non è così in tutte le scuole superiori, ovviamente. Esistono insegnanti magnifici, capaci di conquistare l’attenzione degli studenti, capaci di andare al di là del manuale, al di là del programma. Esistono studenti appassionati, partecipativi, curiosi, disposti ad approfondire anche da soli. Esistono, certo, ma non rappresento la norma.

Sicuramente nelle scuole c’è un problema di tempo, di direttive ministeriali. Spesso i magnifici insegnanti di cui sopra si scontrano con un uditorio di magnifici menefreghisti a cui di Dante frega esattamente zero, e spesso, invece, studenti interessati si trovano davanti un professore che si accontenta di insegnar loro il minimo indispensabile. È ovvio, poi, che, a seconda dell’indirizzo della scuola, i programmi prevedano più o meno ore destinate all’insegnamento  della letteratura, e, di conseguenza, un approfondimento più o meno vasto — ai classici ci si aspetta che le humanae litterae siano la fissa assoluta degli studenti (spoiler: non lo sono), agli istituti tecnici un po’ meno (spoiler: talvolta è un pregiudizio).

Al di là di ogni premessa, pare esserci un problema generalizzato nell’insegnamento della letteratura alle superiori, un inghippo che trova le sue radici nella tradizione e nelle norme didattiche.

“Credo che un autore di antologie e manuali abbia una grande responsabilità. Il canone si fissa quando a un autore viene concesso di uscire dalle aule universitarie e di arrivare non solo ai ragazzi, ma anche i professori.” ci spiega Alessandra Terrile.

Nel 2016 Claudio Giunta aveva denunciato l’eccessivo tecnicismo dei manuali di letteratura per le superiori, scritti in un idioma astruso da lui definito “scuolese,” infarciti di commenti pedanti ed esercizi meccanici.

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illustrazione Lorenzo Mattotti

La letteratura intesa come un insieme di norme, di formule, di figure retoriche, di definizioni. L’approccio analitico al testo, da sezionare come in un’autopsia. Le rime, il metro. il discorso diretto, quello indiretto. Sono tutte conoscenze fondamentali, imprescindibili per un corretto studio della letteratura, il problema sorge quando la letteratura diventa solo norma, solo definizioni, solo concetti imparati a memoria. Quando l’analisi di un testo poetico diventa Il compitino.

Francesco Rocchi, in un intervento sul medesimo argomento, concorda con Giunta, facendo però notare come, per molti studenti, lo studio della letteratura sia ben lontano dall’essere una priorità, e bisogna dunque trovare dei surrogati che inducano un adolescente a tenere il naso sul libro. In altre parole, prese in prestito dallo scuolese, “il materiale va didattizzato”, nel bene o nel male.

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illustrazione Lorenzo Mattotti

I metodi d’insegnamento tradizionali, di per sé non erronei, sembrano soggetti a una sorta di perpetuo immobilismo, esclusi a priori da qualsiasi possibilità di mutamento: a me la letteratura è stata insegnata così, con questi termini e queste immagini, e io così la insegno a te. Occhi rivolti al passato, senza pensare al presente.

Come spiega Rocchi, per gli insegnanti oggi si apre grande sfida: quella di pensare a come modificare la propria didattica — non semplificarla, ridicolizzarla, appiattirla, semplicemente modificarla. Nessuno chiede di spiegare Foscolo attraverso i testi di Sfera Ebbasta (inutile dire che sarebbe bellissimo), ma semplicemente di ricordare cosa rende la letteratura immortale, e provare a spiegarlo. Magari non in tutte le situazioni è possibile, ma dove c’è del terreno fertile magari una o due piantine crescono, non si sa mai.

Il conservatorismo non si limita solo a come la letteratura viene trattata, ma anche agli autori scelti. Esistono indicazioni ministeriali ben precise, atte a standardizzare i programmi e, soprattutto per quanto riguarda la letteratura pre-novecentesca, il percorso è quasi obbligato: si possono operare piccole modifiche, trattare più o meno dettagliatamente un determinato autore, magari introdurre qualche nuovo nome, ma, come nota Giunta, il margine di manovra non è ampio. In primis perché la tradizione è reputata intoccabile, in secundis perché, di norma, i dirigenti scolastici non sembrano troppo aperti alla novità.

Il canone letterario è da sempre una brutta bestia. Citando Romano Luperini, il famigerato canone “indica la tavola dei valori prevalente. Essa si traduce poi nell’elenco dei libri di cui si prescrive la lettura nell’ambito delle istituzioni educative di una determinata comunità”. Tale tavola dei valori varia a seconda dei secoli e delle comunità, con il mutare del gusto e delle esigenze culturali. Riflette, e aggiorna ininterrottamente la memoria storica di un popolo, una memoria irrimediabilmente selettiva.

illustrazione Lorenzo Mattotti

illustrazione Lorenzo Mattotti

Il punto è che la presunta l’oggettività del canone letterario non è altro che il prodotto di una selezione avvenuta nel tempo. Sempre citando Luperini, “la letteratura non è trasmissione inerte di una unica tradizione, ma una sede di conflitti e di contraddizioni: in essa e attraverso di essa si svolge una lotta per l’egemonia che investe temi e contenuti ideologici, tendenze e movimenti letterari, soluzioni di stile e di gusto e anche scelte di politica culturale in cui si riflettono precisi rapporti di potere”.

In parole povere: se studiamo un autore piuttosto che un altro è perchè, storicamente, quell’autore è stato considerato non migliore ma più in linea con il canone, più canonico. Petrarca per secoli ha oscurato Dante. L’autore imprescindibile per i romantici era Torquato Tasso, genio folle e malinconico. La tavola dei valori varia nel tempo, e la fortuna di un autore ne dipende tantissimo.

Il canone trascina con sé alcuni spettri e ne lascia altri nell’ombra. Un esempio lo fornisce Giunta, raccontando di quando, durante la compilazione del suo manuale, qualcuno gli aveva suggerito di aggiungere Federico Della Valle, autore piemontese seicentesco. Perchè mai inserire Della Valle, autore secondario che, onestamente, non aggiungeva nulla di più all’opera di altri?  La risposta è semplice e annichilente:

“Un secolo fa, Benedetto Croce ha riscoperto questo scrittore, contemporaneo di Shakespeare, di Lope de Vega, e da allora, nei manuali, Della Valle è servito soprattutto per riempire una casella che era rimasta vacante, quella del grande tragediografo italiano nel secolo europeo del teatro”.

Benedetto Croce. Un secolo fa.  Giunta si è rifiutato di inserire Della Valle, e i suoi studenti gli saranno certamente grati — senza offesa per Della Valle, si intende.

Particolarmente interessante è poi il discorso inerente al canone letterario novecentesco, molto più labile, meno fisso, in continuo aggiornamento. Anche in questo caso, sia per la poetica che per la narrativa, ci sono i nomi imprescindibili: a cavallo del secolo Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio, poi Luigi Pirandello, e Giuseppe Ungaretti, seguiti da Italo Svevo, Eugenio Montale, Umberto Saba, Carlo Emilio Gadda, Alberto Moravia. In chiusura Cesare Pavese, Italo Calvino, Primo Levi, Beppe Fenoglio. Per i più valorosi Vittorio Sereni e Giorgio Caproni.

Ovviamente, il più delle volte è già tanto se si arriva a Umberto Saba. Il tempo per il Novecento risulta sempre risicato, eppure è (per ovvi motivi) il secolo che più affascina gli studenti.

illustrazione Arianna Favaro

illustrazione Arianna Favaro

Spesso vengono dati da leggere libri di autori Novecenteschi negli anni precedenti, alcune volte a sproposito e senza una selezione ragionata. Quasi sempre si rimane confinati in una rosa d’autori poco vasta, i cosiddetti classici di fine Ottocento/inizio Novecento. I nomi sopra citati vengono trattati in minima parte e solo nell’ultimo anno, solitamente dando molto più spazio alla poesia di inizio secolo — questione di canone.

Il secondo Novecento questo sconosciuto. La contemporaneità non pervenuta. Come si diceva all’inizio, ci sono professori brillanti e coraggiosi che, di fianco ai grandi classici, indicano, nei programmi del triennio, letture che vanno addirittura oltre il 1930. Spesso e volentieri si tratta di Pavese o, ancora più sovente, Calvino — unico autore del secondo Novecento pressoché sempre presente nelle scuole e, guarda caso, autore preferito di molti studenti (ti piace vincere facile eh, Italo) — ma, in casi fortunati, si legge anche Dino Buzzati, Alberto Arbasino, o Bassani, autori che spesso nei manuali non ci entrano nemmeno — o ci entrano ma vengono ignorati. Altre volte, incredibili e rare, si leggono dei contemporanei: i casi letterari, le nuove uscite interessanti.

Talvolta, addirittura, si leggono Elsa Morante e Natalia Ginzburg, le uniche due donne considerate degne di entrare nel canone. Sì perché il Novecento è ricco di donne scrittrici e donne poetesse, donne che hanno svelato la propria interiorità, che hanno difeso i propri diritti quando nessuno ancora ne parlava, donne che han guardato la guerra dall’altra prospettiva e l’hanno raccontata in maniera impeccabile. Queste donne — da Sibilla Aleramo a Fausta Cialente, da Alba De Céspedes a Lalla Romano — sono rimaste presenze impalpabili, troppo poco canoniche per le aule, non degne di entrare in quel pantheon di autori. Funambole al bordo di un canone palesemente sessista, frutto di una tradizione critica creata da uomini, in nome di una presunta superiorità intellettuale. Ad oggi molte studiose stanno portando avanti ricerche su tutte quelle donne escluse a priori dalla storia della letteratura istituzionale, e i risultati sono abbastanza inquietanti.

Senza togliere troppo spazio agli autori imprescindibili, forse letture diverse, meno canoniche, potrebbero stimolare maggiormente la curiosità di uno studente. Magari un libro percepito come meno istituzionale può toccare corde diverse. Magari davvero il canone deve essere rivisto, ampliato. Magari alcuni mostri sacri, oggi, possono essere trattati diversamente, trovando un accordo col presente.

In questa direzione si sono mosse Alessandra Terrile, Paola Biglia e Cristina Terrile, le autrici di «Una Grande Esperienza di Sé», un nuovo manuale di letteratura in sei volumi per le scuole superiori, edito da Pearson. Il progetto nasce con l’idea di avvicinare gli studenti alla letteratura attraverso una lingua viva e comprensibile che non rinunci alla cura formale, e attraverso un percorso di lettura diverso, atto ad affiancare i grandi del passato ai grandi del presente. Per ritrovare l’umano e guidare gli studenti nella crescita individuale, attraverso la letteratura.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alessandra Terrile, per capire come uno studio diverso della letteratura possa essere ancora possibile, e quali possano essere le vie migliori per insegnare il presente.

illustrazione Arianna Favaro

illustrazione Arianna Favaro

Sfogliando il volume relativo al 900 ho visto che avete dato spazio ad autori contemporanei a cui, nella maggior parte dei manuali per licei, non viene data grande rilevanza. Come mai questa scelta?

Noi siamo appassionate di letteratura, e nutriamo molta fiducia nella possibilità che la letteratura possa, alla fine, toccare i ragazzi. Nella scuola di oggi lo spazio destinato alla letteratura è sempre più risicato, per ragioni di tempo scolastico e organizzazione. Pensiamo che sia importante capire che apparteniamo al nostro tempo e che, ancora oggi, c’è chi sceglie la lingua letteraria come forma di espressione. Dare spazio ad autori del secondo Novecento e della contemporaneità che potessero interessare i ragazzi, che riuscissero a dire qualcosa che li riguarda dal punto di vista esistenziale, ci è parsa una sfida interessante. Anche quando vengono citati in modo non particolarmente approfondito, sono autori che possono aprire una finestra di interesse: se ti piacciono puoi leggerli anche da solo, comprare il loro ultimo romanzo o ricercare i precedenti.

Avete scelto di introdurre anche gli autori del passato per mezzo di voci contemporanee

Gli autori contemporanei si trovano in tutti i volumi, in dialogo con i classici. La scelta nasce dall’esperienza sul campo: quando un’insegnante procede faticosamente nella storia letteraria — penso soprattutto al primo anno, quando si trattano le origini della letteratura e il Trecento, autori molto lontani anche linguisticamente dai ragazzi —  aprire una finestra sul presente significa mostrare che ancora oggi gli autori possono esprimersi su quello specifico tema o attraverso quello specifico modo linguistico. Penso, ad esempio, a Michele Mari in dialogo con Cavalcanti. è un modo per comprendere meglio il passato, senza dimenticarci di vivere nel presente.

illustrazione Arianna Favaro

illustrazione Arianna Favaro

Michele Mari è stato reputato il classico di domani, un autore che continueremo a leggere in futuro. Per lui la scelta è facilmente comprensibile. In generale, come avete scelto gli autori contemporanei da inserire nel manuale?

Mari è entrato nel manuale anche come poeta, e in questa veste ci pare ancora più proponibile, a causa della sua lingua rigogliosa, complessa e bellissima. In Cento Poesie d’amore a Ladyhawke, poi, c’è il riferimento esplicito a Cavalcanti, dunque la scelta è stata abbastanza sicura. In generale, il criterio che ci guida è sempre duplice: da una parte è importante che l’autore possa interessare ai ragazzi, che tocchi corde che li riguardi. Dall’altra è fondamentale l’accessibilità: scegliamo testi che possano avere una propria autonomia, e possano essere  comprensibili anche avulsi dal contesto. Oggi non tutta la letteratura è minimalista, ridotta al linguaggio minimo giornalistico, referenziale. Non tutta la letteratura si limita a raccontare una storia e basta. C’è una letteratura che da ancora grande importanza alla forma, alla lingua e allo stile. Questo è fondamentale: molti ragazzi alle superiori leggono fantasy non sempre letterariamente validi. In quei libri cercano la storia, la vicenda. Io li sprono a sentire l’esigenza di leggere anche una bella lingua.

Un altro motivo di selezione è la rilevanza culturale. Pensiamo ai poeti contemporanei: sono tantissimi e non esiste un canone stabile. L’idea è di scegliere autori che siano al contempo molto riconosciuti e culturalmente rilevanti, che pubblichino da parecchi anni, magari tradotti all’estero. Autori di alto livello capaci di parlare a ragazzi che si accostano per la prima volta alla letteratura contemporanea in senso diacronico, con alle spalle uno studio di storia letteraria. Ci rendiamo conto che sembri una contraddizione in termini, ma una compresenza di alto livello letterario e accessibilità è possibile.

Parliamo del canone letterario: quanto un autore di manuali è responsabile del mantenimento e/o evoluzione del canone? Ad esempio, nel vostro manuale avete inserito Alda Merini, autrice poco canonica e tradizionalmente considerata scomoda.

Credo che un autore di antologie e manuali abbia una grande responsabilità. Il canone si fissa quando a un autore viene concesso di uscire dalle aule universitarie e di arrivare non solo ai ragazzi, ma anche i professori. È un processo che inizia a livello accademico e di ricerca, ma in cui la divulgazione ha un ruolo cruciale. Se un autore viene proposto in un manuale molto letto e molto usato a scuola, ci sono maggiori possibilità che quello stesso autore diventi un classico.

Alda Merini è un’autrice che non appare spesso nei manuali scolastici in quanto un po’ scomoda e spigolosa. Alcuni suoi testi sono ardui sia per i temi sia per lo stile, ed è indubbiamente difficile da affrontare, anche a causa dello scarso lavoro critico sulle sue opere — negli ultimi suoi anni scriveva ovunque e regalava le poesie a chiunque, il lavoro filologico da fare è ancora enorme.

illustrazione Emanuele Luzzati

illustrazione Emanuele Luzzati

Personalmente ritengo, però, che sia un’autrice interessante da proporre ai ragazzi: la Merini è una donna che si è sentita fin dall’inizio abitata dalla poesia, trascinata da qualcosa che trascendeva la sua volontà. Si sentiva letteralmente destinata a scrivere a versi, e nella scrittura non ha utilizzato filtri. Non tutti i suoi testi sono rilevanti, e non tutti sono proponibili in una classe, ma alcuni mettono il lettore direttamente in contatto con la follia, con il corpo, con la fatica di vivere, senza alcuna mediazione razionale. Sono tematiche importanti, anche e soprattutto per un adolescente. Noi non vogliamo addomesticarla: lo scopo è sempre quello di restituire la voce dei poeti autenticamente, con una mediazione linguistica e critica ma senza forzature.

Alda Merini appare anche in dialogo con Ariosto: abbiamo scelto di introdurre con Io sono folle folle il tema della follia di Orlando. L’Orlando Furioso si fa al secondo anno di triennio, e spesso il nome della Merini è completamente ignoto ai ragazzi di quell’età.

Siamo negli anni della narrazione multimediale, secondo voi quale è il modo migliore di coinvolgere un ragazzino nello studio della letteratura, così che il libro non sembri un “qualcosa di imposto”?

È questa la sfida. Non bisogna nascondere che si tratta di un discorso complesso, che la letteratura richiede lentezza, tempo e dedizione. Ma, dato che la letteratura parla dell’uomo, lo scopo è quello di far sentire l’umano. La sfida è fare capire allo studente che nella letteratura si sta parlando di lui, di qualcosa che lo riguarda come uomo o donna o persona. Noi insegnanti non dobbiamo conquistare i ragazzi facendo i saltimbanchi, non è quello il nostro compito, non siamo intrattenitori e non possiamo metterci sul piano dei social o delle serie tv. La sfida è proprio quella di accompagnare i ragazzi nella letteratura, portarli fino in fondo, finché non scoprono qualcosa di bello lì dentro, qualcosa che può interessarli perchè nutre quell’aspetto dell’humanitas che appartiene anche a loro. Bisogna far capire al ragazzo la lingua letteraria senza che questa si abbassi, e restituire l’uomo negli autori della letteratura del passato. Anche questo punto è molto importante: gli autori del passato non devono essere percepiti come dei monumenti intoccabili. Noi diamo spazio alla vicenda umana e alle fattezze fisiche mostrando fotografie e ritratti degli autori, come a dire: “quello scrittore o quel poeta puoi guardarlo in faccia, osservarlo nella sua forma umana. Perché di umano si tratta, uomo o donna come te”.

Se riusciamo a far capire questo, poi il percorso avviene da solo. Basta un seme. Non riusciamo con tutti, ma se si riesce con alcuni è già un risultato.

Oltre alle fotografie, nel vostro manuale ci sono anche molte illustrazioni, spesso d’autore, si veda, ad esempio, Lorenzo Mattotti per l’Inferno di Dante. Anche questa scelta è al fine di avvicinamento al presente?

Quando mi sono trovata davanti all’edizione Nuages dell’Inferno di Dante, illustrato da Mattotti, sono rimasta affascinata. Volevamo dare la prova del fatto che ancora oggi gli artisti si lasciano ispirare dagli autori del passato. Un artista contemporaneo riesce ancora a  immaginare Paolo e Francesca o la fiamma di Ulisse. Mattotti ha reso la selva oscura con l’immagine di Dante avvolto da un buio assoluto. è molto difficile rendere quel buio su una pagina di un manuale scolastico, con una carta di non altissimo livello, ma a noi interessava proprio mostrare quel buio irto, renderlo palese. Abbiamo scelto solo grandi autori contemporanei, come Guttuso, Emanuele Luzzati per Boccaccio e Mimmo Paladino per Ariosto.

E quanto è importante il linguaggio orale e verbale, oltre che quello visivo?

Moltissimo. La letteratura insegna a pensare, a guardare oltre le apparenze, a porsi delle domande. Ma ci si arriva se si possiede la lingua adeguata. abbiamo curato in prima persona gli esercizi legati all’oralità perché li riteniamo fondamentali. Spesso i ragazzi arrivano alle superiori con una scarsissima padronanza lessicale, e per loro è molto difficile trovare le parole per esprimersi adeguatamente, per dire esattamente quello che vogliono dire. Il compito della letteratura è anche questo.

Manuali e risorse online: quale è stata la vostra scelta e perchè

Le risorse online sono previste dalla legge, quindi è stata una scelta dovuta. Il nostro scopo è indirizzare i ragazzi verso un uso consapevole del digitale, a  saper selezionare le fonti quando fanno ricerca. La situazione nelle scuole è difficile: mancano gli strumenti e i mezzi adeguati per una conversione al digitale. Inoltre lo studio è ancora qualcosa che si fa scrivendo, sottolineando, appuntando. Bisogna trovare il giusto mezzo e la giusta strategia. Noi abbiamo pensato di ovviare la mancanza di strumentazione delle strutture scolastiche e puntare direttamente agli smartphone: nel nostro libro sono presenti dei QR code, basta inquadrare quelli per arrivare alla risorsa online (che può essere un reading di un attore, un filmato o delle immagini). in questo modo anche il temutissimo smartphone può diventare uno strumento di lavoro utile alla causa.

Fuente: http://thesubmarine.it/2018/04/13/grande-esperienza-di-se-alessandra-terrile/

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Niños inmigrantes constituyen 9,4 por ciento de población escolar de Italia

Italia / 1 de abril de 2018 / Autor: Redacción / Fuente: Spanish People

Los niños inmigrantes constituyen 9,4 por ciento de la población escolar total de Italia y 61 por ciento de ellos nacieron en Italia de padres extranjeros, dijo hoy el Ministerio de Educación en un informe.

En 2016-2017, 826.000 estudiantes extranjeros estaban inscritos en jardines de niños, escuelas secundarias y preparatorias de Italia, 11.000 alumnos más que en el año académico anterior, agrega el informe.

De ellos, 61 por ciento eran inmigrantes de segunda generación, 24.000 o 5,1 por ciento más que en el año pasado y 35,4 por ciento superior que en los cinco años pasados.

Los países con mayor presencia son Rumania (19,2 por ciento), seguida de Albania (13,6 por ciento) y de Marruecos (12,4 por ciento).

La próspera región septentrional de Lombardía, donde se localiza la ciudad de Milán, tenía el mayor número de estudiantes extranjeros, alrededor de 208.000, agregó el Ministerio de Educación.

Fuente de la Noticia:

http://spanish.people.com.cn/n3/2018/0330/c31614-9443772.html

Fuente de la Imagen:

http://www.footballsoccerschool.com/escuela_futbol_italiana_ninos_academia_principiantes_cursos_tecnica_tactica_campo.htm

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Italia: In 1000 manifestano contro lo «smantellamento dell’educazione»

Italia / 26 marzo 2018/tio.ch

Resumen: La manifestación de hoy concluye una semana de protestas en las ciudades de Berna, Basilea, Friburgo, Lausana, Lucerna y Zurich.

La manifestazione odierna conclude una settimana di protesta condotta nelle città di Berna, Basilea, Friburgo, Losanna, Lucerna e Zurigo.

Un migliaio di giovani ha partecipato oggi a Berna a una manifestazione contro lo «smantellamento dell’educazione». I dimostranti hanno criticato soprattutto l’aumento delle tasse universitarie, la riduzione delle prestazioni nelle scuole e la diminuzione dei salari degli insegnanti.

Secondo l’alleanza «Aktion_Bildung – Action_Education», le «folli» economie della Confederazione e dei Cantoni compromettono le basi finanziarie dell’educazione.

La manifestazione odierna conclude una settimana di protesta condotta nelle città di Berna, Basilea, Friburgo, Losanna, Lucerna e Zurigo.

Fuente: https://www.tio.ch/svizzera/attualita/1249108/in-1000-manifestano-contro-lo–smantellamento-dell-educazione-
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Italia: Domani sciopero nazionale, Anief: basta dilettantismi e disastri nelle riforme sul precariato

Italia / 24 marzo 2018/Orizzontescuola

Resumen: En vísperas de la huelga nacional de la escuela, el día de la inauguración de las Cámaras, Anief pide detener los desastres causados ​​por la reforma Renzi-Giannini, a partir del nuevo reclutamiento escolar y el empleo precario.

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Alla vigilia dello sciopero nazionale della scuola, nel giorno dell’insediamento delle Camere, Anief chiede con forza di fermare i disastri causati dalla riforma Renzi-Giannini, a partire dal nuovo reclutamento scolastico e sul precariato.

 Il giovane sindacato lo ribadisce commentando le dichiarazioni di Marco Campione (PD), della segreteria tecnica del Miur, che dice la sua sulla proposta della Lega Nord di indire un nuovo PAS (percorso abilitante speciale) per docenti che hanno raggiunto i 36 mesi di servizio: sembrerebbe un déjà vu, dato che nel Decreto Legislativo n. 59 del 13 aprile 2017 di fatto il percorso di abilitazione non esiste più. Fautore della proposta della Lega Nord è Mario Pittoni, che figura nella lista dei papabili come prossimo Ministro dell’Istruzione.

Dal suo blog, Marco Campione ribatte: “Per questi docenti i casi sono due. O Pittoni pensa che anche la selezione PAS fosse una cosa seria, ma allora non ha senso cambiare tutto per l’ennesima volta; oppure vuole usare i PAS per abilitare senza una vera selezione per poi lasciarli ad invecchiare nelle graduatorie: l’ennesima sanatoria sulla pelle dei nostri figli e dei precari stessi”.

Si tratta di due modi differenti di concepire la formazione iniziale degli insegnanti. Da una parte Laurea + PAS + concorso + Anno di prova + ruolo. Dall’altra Laurea + Concorso + FIT (Tirocinio e Formazione) di 3 anni (o due nel caso di docenti con tre anni di servizio) da cui scaturisce l’immissione in ruolo. Fautore della proposta per la Lega è Pittoni, che potrebbe anche diventare Ministro. La proposta, tra l’altro, arriva dopo l’ennesimo peggioramento e la conseguente confusione per quanto concerne il reclutamento e il precariato scolastico, mai scalfito, che a settembre tornerà a fare sottoscrivere 100 mila supplenze.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, risponde a Campione: “C’è bisogno di una nuova segreteria tecnica al ministero e di un nuovo ministro dell’Istruzione che risolva e non complichi il problema del precariato: tra le prime norme da attuare, c’è l’adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto con lo sblocco di 150 mila immissioni in ruolo, pensionamenti a 61 anni, apertura delle GaE. Le nuove graduatorie, le “Grame”, infatti, creano ulteriore precariato, a dispetto del fatto che la reiterazione delle supplenze è contraria al diritto dell’Unione Europea. Basta traccheggiare: dopo tre anni, un docente abilitato all’insegnamento deve essere stabilizzato o risarcito, certamente non licenziato. Anche per questi motivi, domani scioperiamo e manifestiamo”.

Nel frattempo, per domani rimangono confermate le modalità dello sciopero: il raduno dei partecipanti, provenienti da tutta Italia, è previsto a partire dalle ore 9.00 in piazzale Ostiense, da dove il corteo si muoverà – al raggiungimento di almeno 2 mila partecipanti – per arrivare al Ministero dell’Istruzione, in Viale Trastevere. Nella stessa giornata, sono previsti incontri con i nuovi parlamentari eletti e i vari responsabili Scuola di partito.

Sciopero e manifestazione serviranno a rivendicare una lunga serie di nodi mai sciolti: dalla riapertura delle GaE a tutti i docenti abilitati all’insegnamento, come già avvenuto nel 2008 (Legge 169) e nel 2012 (Legge 14), attraverso l’accoglimento della soluzione legislativa proposta dall’Anief, alla la stabilizzazione di tutto il personale; dal risarcimento per l’abuso dei contratti a termine all’adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto, inclusi i posti in deroga per sbloccare assunzioni e trasferimenti; dall’allineamento degli stipendi all’inflazione, con il recupero dell’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale, alla parità di trattamento tra personale assunto a tempo determinato e personale assunto a tempo indeterminato, come indicato dalle pronunce della Corte di Cassazione; dal riconoscimento del ruolo svolto dai facenti funzione Dsga e dei vicari dei dirigenti scolastici, dei nuovi profili del personale Ata e collaboratori scolastici, nonché dei servizi prestati in altro ruolo, sino ad una finestra a 61 anni per i pensionamenti di tutto il personale scolastico, allineando in tal modo l’Italia al trattamento adottato in diversi Paesi Ue

Fuente: https://www.orizzontescuola.it/domani-sciopero-nazionale-anief-basta-dilettantismi-disastri-nelle-riforme-sul-precariato/

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