Page 29 of 42
1 27 28 29 30 31 42

Cesena, la prima scuola d’Italia a riconoscere i giovani caregiver

Europa/Italia/VitaIt

Resumen: En Italia, al menos, 169 mil jóvenes asumen sistemáticamente el cuidado de un miembro de la familia, lo que repercute en sus opciones de educación, ocio, estilo de vida. El Instituto Profesional de Cesena desarrolla por primera vez un programa educativo adecuado a el cuidador jóvenes, pensando para cada uno de ellos un plan de estudios personalizado. «Hemos empezado a trabajar en este tema el año pasado: habíamos comprendido esta realidad y tuvimos situaciones de chicos que no habíamos reconocido o por el contrario que habíamos tratados con un pietismo excesivo», explica Alessandra Prati , participante del proyecto europeo EPYC  que les llevó a ser la primera escuela en Italia para reconocer la realidad de los jóvenes cuidadores y proporcionar un apoyo adecuado a estos estudiantes.

In Italia almeno 169 mila giovani si prendono cura sistematicamente di un famigliare, con ripercussioni sul loro percorso scolastico, il tempo libero, le scelte di vita. Un Istituto Professionale di Cesena per primo ha inserito i giovani caregiver fra i BES, pensando per ciascuno di loro un piano didattico personalizzato. Un’altra scuola a Carpi fa compilare ai nuovi iscritti un questionario per misurare il loro impegno di cura

Ha 17 anni I., è originaria della Turchia ma vive in Italia. Per fare i compiti deve litigare con la madre, perché quando lei deve fare i compiti il fratello la distrae e vuole sempre ricevere attenzioni. È italiana invece S. e ha 16 anni : anche lei dice che tempo per i compiti ne ha «sempre poco» e soprattutto la sua casa «non è più un luogo accogliente in cui farli». Nessuno dei suoi docenti però le ha mai chiesto una spiegazione per il grave calo nel suo rendimento scolastico e lei si è ben guardata dal gridare ai quattro venti quanto tempo le costa fare da caregiver al fratello disabile.Queste testimonianze sono state raccolte nel volume “Care2Work” (in allegato), collegato all’omonimo progetto europeo finanziato da Erasmus + di cui per l’Italia è partner la cooperativa Anziani e non solo.

I vissuti, i bisogni e le riflessioni qui esplicitate sono li stessi di tanti giovani caregivers, nascosti nelle classi di tutta Italia. La prima scuola d’Italia a dare loro attenzione è l’Istituto Professionale Versari Macrelli di Cesena, un istituto da mille e cento studenti. Qui l’istituto ha previsto l’essere giovani caregiver fra i bisogni educativi speciali, creando quindi la possibilità di avere un piano didattico personalizzato. Oggi ne usufruiscono otto studenti.«Abbiamo iniziato a lavorare su questo tema l’anno scorso: avevamo intuito questa realtà e avevamo avuto situazioni di ragazzi che non avevamo riconosciuto o che al contrario avevamo trattato con eccessivo pietismo», spiegaAlessandra Prati, docente di economia aziendale dell’Istituto, oggi distaccata all’ufficio scolastico provinciale di Forlì Cesena.

È l’incontro con la cooperativa Anziani e non Solo e con il progetto europeo Epyc a far fare loro un salto di qualità nella riflessione, che li ha portati con questo anno scolastico ad essere la prima scuola d’Italia a riconoscere nero su bianco la figura del giovane caregiver e a prevedere adeguati supporti per questi studenti. La professoressa Prati ne parlerà oggi pomeriggio a Carpi nel workshop “Essere giovani studenti e caregiver”, nell’ambito dei Caregiver Day organizzati da Anziani e non solo (qui il programma completo), ma del tema si parlerà ancora venerdì e sabato a Rimini, nell’ambito del Convegno Erickson “Supereroi fragili, Adolescenti oggi tra disagi e opportunità”.

La professoressa Prati ha voluto intitolare il suo intervento “La scuola incubatrice di nuovi soggetti protagonisti di care” , perché «la scuola vorrebbe fare proprio questo, proteggere e insieme far crescere» questi che sono «ragazzi in punta di piedi, molto discreti, silenziosi, che faticano a esternare la propria situazione e anche solo a riconoscerla», spiega. Cita l’esempio di una sua alunna di quinta, dell’anno scorso: «la scuola aveva già avviato un percorso di sensibilizzazione sul tema dei giovani caregiver, ma lei non ha mai detto nulla. Alla maturità, faceva l’indirizzo servizi sociali, si è presentata con una tesina su lei come caregiver della sorella e tutte le discipline le ha allacciate alla sorella. Il primo obiettivo quindi è far capire ai ragazzi stessi il loro ruolo, poi farlo capire ai compagni e anche ai docenti, perché non tutti hanno accettato la proposta che la scuola ha fatto».

Concretamente, gli studenti che hanno un piano didattico personalizzato possono contare su interrogazioni programmate, se serve per alcune discipline fissare degli obiettivi minimi, recuperare le verifiche saltate e un compagno tutor per trasmettere i compiti. Se serve è possibile anche derogare al tetto massimo di assenze da scuola. «La scuola ha creato un gruppo di lavoro, siamo sei insegnanti, ci crediamo molto, stiamo cercando di diffondere questa esperienza a livello provinciale, abbiamo realizzato un concorso fotografico nelle scuole superiori della provincia di Forlì-Cesena, con la Consulta degli Studenti, per illustrare le sensazioni che un giovane caregiver prova», racconta Prati, ricordando lo scatto con il gabbiano che prova a spiccare il volo o quello in cui una ragazza allaccia le scarpe a un’amica.

Licia Boccoletti è la responsabile progetti Anziani e non solo. Proprio lei un anno fa ci aveva aperto gli occhi su questa realtà silenziosa e invisibile. Per l’Istat i ragazzi fra i 15 e i 24 anni che si prendono cura di un famigliare adulto fragile sono 169mila, pari al 2,8% della popolazione di questa età. Ma un’indagine svolta da Anziani e non solo a Carpi aveva rilevato che il 19,8% degli studenti presta un livello di cura di intensità alta o molto alta verso un genitore o un nonno, ovvero a una persona anziana o malata. Anche il Rapporto Garanzia Giovani ha evidenziato che le responsabilità collegate alla cura sono il primo motivo di inattività dei giovani Neet fra i 15 e i 29 anni. Al CFP Nazareno di Carpi, dove Anziani e non solo aveva svolto la sua ricerca, la scala MACA-YC42 viene ora sistematicamente utilizzata all’atto delle iscrizioni: «È un questionario per quantificare il carico di cura, viene distribuito all’atto dell’iscrizione, la scuola poi si impegna ad approfondire con le famiglie le singole situazioni, gli insegnanti hanno fatto un percorso con noi, c’è uno psicologo di riferimento… al termine dei nostri laboratori in questa scuola il 20-30% dei ragazzi ha dichiarato di identificarsi nel ruolo del caregiver», spiega Boccoletti.

La cooperativa Anziani e non solo nel frattempo ha avviato anche un piccolo servizio dedicato ai giovani caregiver, nell’ambito del progetto europeo Epyc, sui quattro comuni del distretto di Carpi: è stato fatto un primo censimento dei potenziali giovani caregiver, che in questo momento vengono contattati individualmente. Da inizio aprile sono tre i ragazzi fra i 13 e i 19 anni che hanno già aderito alla proposta di un percorso insieme, con incontri individuali e attività di gruppo, cominciando dalla fotografia e dal teatro, per fare qualcosa insieme e allo stesso tempo confrontarsi con qualcuno che sta vivendo la stessa esperienza.

Foto Michael Kurzynowski/Unsplash
Fuente: http://www.vita.it/it/article/2017/05/03/cesena-la-prima-scuola-ditalia-a-riconoscere-i-giovani-caregiver/143220/
Comparte este contenido:

Tres joyas del libro póstumo de Umberto Eco

Por. Umberto Eco

Poco antes de morir el célebre escritor seleccionó los mejores artículos de prensa que publicó.

La sociedad líquida

Como es bien sabido, la idea de modernidad o sociedad “líquida” se debe a Zygmunt Bauman. Al que desee entender las distintas implicaciones de este concepto le será útil leer ‘Estado de crisis’, obra en la que Bauman y Carlo Bordoni debaten sobre este y otros problemas.

La sociedad líquida empieza a perfilarse con la corriente llamada posmodernismo (término ‘comodín’, que puede aplicarse a multitud de fenómenos distintos, desde la arquitectura hasta la filosofía y la literatura, y no siempre con acierto). El posmodernismo marcó la crisis de las “grandes narraciones” que creían poder aplicar al mundo un modelo de orden; tenía como objetivo una reinterpretación lúdica o irónica del pasado, y en cierto modo se entrecruzó con las pulsiones nihilistas. No obstante, para Bordoni también el posmodernismo está en fase decreciente. Tenía un carácter temporal, hemos pasado a través de él sin darnos cuenta siquiera, y algún día será estudiado como el prerromanticismo. Se utilizaba para señalar un fenómeno en estado de desarrollo y ha representado una especie de trayecto de la modernidad a un presente todavía sin nombre.

Para Bauman, entre las características de este presente en estado naciente se puede incluir la crisis del Estado (¿qué libertad de decisión conservan los Estados nacionales frente al poder de las entidades supranacionales?). Desaparece una entidad que garantizaba a los individuos la posibilidad de resolver de una forma homogénea los distintos problemas de nuestro tiempo, y con su crisis se ha perfilado la crisis de las ideologías, y por tanto de los partidos, y en general de toda apelación a una comunidad de valores que permitía al individuo sentirse parte de algo que interpretaba sus necesidades.

Con la crisis del concepto de comunidad surge un individualismo desenfrenado en el que nadie es ya compañero de camino de nadie, sino antagonista del que hay que guardarse. Este “subjetivismo” ha minado las bases de la modernidad, la ha vuelto frágil, y eso da lugar a una situación en la que, al no haber puntos de referencia, todo se disuelve en una especie de liquidez. Se pierde la certeza del derecho (la magistratura se percibe como enemiga), y las únicas soluciones para el individuo sin puntos de referencia son aparecer sea como sea, aparecer como valor, y el consumismo. Pero se trata de un consumismo que no tiende a la posesión de objetos de deseo con los que contentarse, sino que inmediatamente los vuelve obsoletos, y el individuo pasa de un consumo a otro en una especie de bulimia sin objetivo (el nuevo teléfono móvil nos ofrece poquísimas prestaciones nuevas respecto al viejo, pero el viejo tiene que ir al desguace para participar en esta orgía del deseo).

Crisis de las ideologías y de los partidos: alguien ha dicho que estos últimos son ahora taxis a los que se suben un cabecilla o un capo mafioso que controlan votos, seleccionados con descaro según las oportunidades que ofrecen, y esto hace que la actitud hacia los tránsfugas sea incluso de comprensión y no ya de escándalo. No solo los individuos, sino la sociedad misma, viven en un proceso continuo de precarización.

¿Hay algo que pueda sustituir esta licuación? Todavía no lo sabemos, y este interregno durará bastante tiempo. Bauman observa que (desaparecida la fe en una salvación que provenga de las alturas, del Estado o de la revolución) es típico del interregno el movimiento de indignación. Estos movimientos saben lo que no quieren, pero no saben lo que quieren. Y quisiera recordar que uno de los problemas que se les plantean a los responsables del orden público a propósito de los “bloques negros” (táctica de manifestación donde los participantes llevan ropa negra para evitar ser identificados y parecer una sola masa*) es que no es posible etiquetarlos, como se hizo con los anarquistas, con los fascistas o con las Brigadas Rojas. Actúan, pero nadie sabe cuándo ni en qué dirección, ni siquiera ellos.

¿Hay algún modo de sobrevivir a la liquidez? Lo hay, y consiste justamente en ser conscientes de que vivimos en una sociedad líquida que, para ser entendida y tal vez superada, exige nuevos instrumentos. El problema es que la política y en gran parte la ‘intelligentsia’ todavía no han comprendido el alcance del fenómeno. Bauman continúa siendo por ahora una ‘vox clamantis in deserto’ (el sociólogo polaco falleció el 9 de enero*). 2015

Izquierda y poder

Yo no estaba presente cuando sucedió el hecho, pero me lo contó una persona fidedigna. Pues bien, en 1996 Romano Prodi acababa de ganar las elecciones y por primera vez subía la izquierda al poder (en Italia*). Gran fiesta, creo, en la romana Piazza del Popolo, muchedumbre delirante. Mientras Massimo D’Alema (entonces secretario general de los Demócratas de Izquierda*) se dirigía hacia la tribuna, una mujer lo tomó por el brazo gritando: “¡Compañero Massimo, ahora sí que haremos una oposición fuerte!”.

Fin de mi historia, pero no de la maldición de la cual era síntoma. La militante había entendido que su partido había ganado, pero no que estaba obligado a ir al Gobierno, y no podía concebir un partido que estuviera obligado a decir que sí a un montón de cosas, porque siempre lo había pensado como una fuerza heroica y testaruda que a todo le decía que no.

Ahora bien, en ella se resumía una trágica historia de la izquierda europea: durante más de 150 años había vivido como fuerza de oposición; revolucionaria, sí, pero sumida en una larga espera, llena de sufrimiento, de que estallara la revolución (y en Rusia y en China, donde estalló, obligada a gobernar y a no oponerse, poco a poco esa izquierda se fue convirtiendo en una fuerza conservadora).

Por eso la izquierda siempre se ha sentido capaz de decir que no y ha mirado con recelo a esas alas que se aventuraban a decir que sí con la boca chica, expulsándolas como socialdemocráticas; y cuando decían que sí, sus militantes abandonaban el partido para fundar otro más radical. Por esa razón la izquierda siempre ha sido escisionista, condenada a una cariocinesis perpetua, y por supuesto, con tal proceder nunca ha sido lo bastante fuerte para ir a gobernar. Y quisiera añadir, malignamente, por suerte, porque entonces se habría visto obligada a decir que sí, con todos los compromisos que conlleva tomar decisiones de gobierno, y diciendo que sí habría perdido esa pureza moral que la veía siempre derrotada y altivamente capaz de rechazar las seducciones del poder. Se conformaba con pensar que ese poder que rechazaba conseguiría destruirlo algún día. La historia de esa mujer de la Piazza del Popolo explica infinitas cosas que siguen pasando hoy en día. [2015]

La pérdida de la privacidad

Uno de los problemas de nuestro tiempo, que (a juzgar por la prensa) obsesiona en cierto modo a todos, es el de la llamada ‘privacy’, que, por decirlo de forma muy esnob, se puede traducir como ‘privacidad’. Dicho llanamente, significa que todo el mundo tiene derecho a ocuparse de sus asuntos sin que los demás, en especial las agencias vinculadas a los centros de poder, se enteren. Y existen instituciones creadas para garantizar la privacidad (pero, por favor, llamándola ‘privacy’, de lo contrario nadie la toma en serio). Por eso nos preocupa que, a través de nuestras tarjetas de crédito alguien pueda saber qué hemos comprado, en qué hotel nos hospedamos y dónde hemos cenado. Por no hablar de las escuchas telefónicas cuando no son indispensables para identificar a un delincuente; recientemente, incluso Vodafone (empresa británica de telecomunicaciones*) ha lanzado una advertencia sobre la posibilidad de que agentes más o menos secretos de cualquier nación puedan saber a quién llamamos y qué decimos.

Parece, pues, que la privacidad es un bien que queremos defender a toda costa, para no vivir en un mundo de Gran Hermano (el verdadero, el de Orwell), donde un ojo universal puede controlar todo lo que hacemos o, incluso, pensamos.

Pero la pregunta es: ¿realmente le importa mucho a la gente la privacidad? Antes, la amenaza a la privacidad era el chismorreo, y lo que se temía del chismorreo era el atentado contra nuestra reputación, sacar a la calle los trapos sucios que debían ser legítimamente lavados en casa. Pero, tal vez a causa de la llamada sociedad líquida, en la que todo el mundo sufre una crisis de identidad y de valores, y no sabe dónde ir a buscar puntos de referencia que le permitan definirse, el único modo de conseguir reconocimiento social es “hacerse ver” a toda costa.

Y así, la señora que comercia con su cuerpo (y que antes procuraba ocultar su actividad a los padres o a los vecinos), hoy se hace llamar ‘escort’ y asume alegremente su papel público presentándose incluso en televisión; los cónyuges, que antes ocultaban con celo sus desavenencias, acuden a los programas basura para representar entre los aplausos del público el papel del adúltero o el del engañado; nuestro vecino del transporte público cuenta por teléfono en voz alta lo que piensa de su cuñada o lo que ha de hacer su asesor fiscal; los investigados de toda clase, en vez de retirarse al campo hasta que la tormenta del escándalo se haya calmado, multiplican sus apariciones con una sonrisa en los labios, porque mejor es ladrón conocido que honrado por conocer.

Hace poco apareció en ‘La Repubblica’ un artículo de Zygmunt Bauman en el que se destacaba que las redes sociales (en especial Facebook), que representan un instrumento de vigilancia del pensamiento y de las emociones ajenas, son utilizadas por distintos poderes con una función de control, gracias a la colaboración entusiasta de quien forma parte de ellas. Bauman habla de una “sociedad confesional que promueve la exposición pública de uno mismo al rango de prueba eminente y más accesible, además de verosímilmente más eficaz, de existencia social”. En otras palabras, por primera vez en la historia de la humanidad, los espiados colaboran con los espías para facilitarles el trabajo, y esta entrega les proporciona un motivo de satisfacción porque alguien los ve mientras existen, y no importa si existen como criminales o como imbéciles.

También es cierto que, una vez que alguien puede saberlo todo de todos, cuando los todos se identifiquen con la totalidad de los habitantes del planeta, el exceso de información solo producirá confusión, ruido y silencio. Esto debería preocupar a los espías, porque a los espiados les encanta que al menos los amigos, los vecinos y quizá los enemigos conozcan sus secretos más íntimos, ya que es el único modo de sentirse vivos y parte activa del cuerpo social. [2014]

Fuente: http://m.eltiempo.com/cultura/musica-y-libros/tres-joyas-del-libro-postumo-de-umberto-eco-78050
Comparte este contenido:

Aquellos que olvidan la historia

Por:  Umberto Eco

Es una verdad obvia que los jóvenes carecen de conocimientos generales de historia.

Pero en mi experiencia, para los jóvenes el pasado se ha aplanado en una enorme nebulosa indiferenciada. Es por eso que en una carta abierta publicada recientemente en la revista italiana L’Espresso, le recomendé a mi nieto adolescente que ejercitara su memoria aprendiéndose un poema largo.

Me temo que las generaciones jóvenes de la actualidad corren el riesgo de perder tanto la memoria individual como la colectiva. Las encuestas han revelado dos tipos de falsos conceptos que persisten entre jóvenes evidentemente con estudios: por ejemplo, leí que muchos estudiantes italianos de universidad creen que Aldo Moro fue el líder de la organización militante Brigadas Rojas, cuando en realidad él era el primer ministro de Italia y las Brigadas Rojas fueron las responsables de su muerte en 1978.

Le escribí esa carta a mi nieto en diciembre, más o menos por el tiempo en que cierto video se había vuelto viral en Youtube. Este era de un episodio de L’Eredità, un programa de concursos de la televisión italiana que al parecer elige a los concursantes por su buen aspecto y afabilidad, junto con un mínimo de conocimientos generales (podemos suponer que esto es para evitar llenar la transmisión con gente bonita, pero despistada, que se devana los sesos sólo para responder a preguntas de opción múltiple como: ¿Giuseppe Garibaldi fue un ciclista, un explorador, un líder militar o el inventor del agua caliente?).

En un episodio el presentador, Carlo Conti, pidió a los concursantes que identificaran el año en que Adolf Hitler fue nombrado Canciller de Alemania. Las cuatro opciones de respuesta eran: 1933, 1948, 1964 y 1979. Los cuatro concursantes que tenían la oportunidad de responder eran: Ilaria, una joven bastante bonita; Matteo, un hombre de buena complexión de unos 30 años, con el cráneo afeitado y una cadena alrededor del cuello; Tiziana, una atractiva joven que también parecía tener unos 30 años, y una joven de nombre Caterina que llevaba anteojos y tenía aires de sabelotodo.

Debería ser universalmente sabido que Hitler murió al final de la Segunda Guerra Mundial, por lo que obviamente la respuesta sólo podía ser 1933; las otras fechas eran simplemente demasiado tardías. Pero Ilaria supuso que fue en 1948, Matteo eligió 1964 y Tiziana, 1979. Cuando le llegó el turno a Caterina ya estaba obligada a elegir 1933, pero fingió cierto titubeo al elegirla, no sabemos si por ironía o asombro.

Conti también les preguntó a los concursantes en qué año el entonces primer ministro italiano Benito Mussolini se había reunido con Ezra Pound; aquí también las opciones eran 1933, 1948, 1964 y 1979. Ahora bien, nadie está obligado a saber quién fue Ezra Pound (para que conste, él fue poeta y crítico estadounidense) y de no haber sido una pregunta de opción múltiple, yo tampoco habría indicado el año correcto. Pero dado que Mussolini fue asesinado en 1945, la única respuesta posible era 1933. (Confieso que quedé asombrado al enterarme en qué medida el dictador se mantenía al tanto con la poesía estadounidense).

La dulce Ilaria, pidiendo indulgencias con su tierna sonrisita, supuso que en 1964.

Conti no podía ocultar su asombro, como tampoco pudieron muchos de los que vieron y comentaron el video en Youtube. Pero ese momento es indicativo de un problema más grande: los cuatro concursantes, que estaban más o menos entre los 20 y 30 años de edad, y de los que podemos suponer que son bastante representativos de su grupo de edad, vieron las cuatro fechas como parte de un pasado genérico que ocurrió antes de que ellos nacieran. ¿Quién podría decir que no habrían caído en la misma trampa si una de las opciones de respuestas hubiera sido 1492?

Nuestra era no es la primera que experimenta esa homogenización del pasado. Tomemos el ejemplo del cuadro El matrimonio de la Virgen que Raphael terminó en 1504: la pintura presenta a personas vestidas con indumentarias del Renacimiento. Hoy en día es mucho más difícil justificar esa confusión de líneas dada la gran cantidad de información histórica que está disponible en internet, en películas y en televisión. ¿Sería posible que nuestros cuatro concursantes no pudieran diferenciar entre el período en que Hitler llegó al poder y el período en el que el hombre llegó a la Luna? ¿Podría ser que para algunos (o incluso muchos) de los jóvenes actuales el concepto de historia ahora es unidimensional?

Yo mantengo aún la esperanza, pues me enteré de este video de Youtube por mi nieto de 13 años y sus compañeros de escuela, que sonreían y se burlaban cuando me lo contaron. Quizás, después de todo, algunos jóvenes sí están aprendiendo el valor de la memoria.

Fuente: http://www.elespectador.com/opinion/aquellos-que-olvidan-la-historia-columna-483744

Imagen: http://www.utel.edu.mx/blog/rol-personal/el-olvido-y-su-relacion-con-los-recuerdos/

Comparte este contenido:

Italia: Nueva profesión de mediador cultural se consolida

Europa/Italia/23 Abril 2017/Fuente:20minutos /Autor: Notimex

Con la llegada masiva de inmigrantes, una nueva profesión se ha consolidado en Italia: la del mediador cultural, que es el encargado de facilitar la inserción de los extranjeros en su nuevo contexto social.

Según una investigación del Centro de Información y Educación para el Desarrollo (CIES, por sus siglas en italiano), actualmente el uso de mediadores culturales en el país europeo se da en un gran número de servicios. Ellos van desde consultorios médicos, hasta escuelas, hospitales, centros sociales, instituciones penitenciarias, comisarías de la policía, oficinas para extranjeros y, desde luego, centros de acogida para inmigrantes y refugiados.

Cursos y licenciaturas para mediadores culturales son ofrecidos por instituciones de educación superior y todos concuerdan en la necesidad de dotar a quienes se dedican a esa profesión de una formación general, sólida y amplia, en el campo de las ciencias humanas (sociología, psicología, pedagogía y antropología). “

La mediación cultural puede configurarse como una acción que tiende a estructurarse en defensa de los derechos del usuario, que sufre formas de racismo institucional y tiene dificultad para reconocer sus propias necesidades y hacerlas valer», consideró el investigador Francesco Susi. Dijo que también apoya y ayuda a las personas a utilizar «lo mejor posible las informaciones o las estrategias más eficaces para resolver sus problemas”.

Para la administración de la central región del Lazio, un mediador cultural es normalmente un inmigrante o, de cualquier manera, una persona que ha vivido por periodos prolongados en el extranjero y conoce los códigos lingüisticos y culturales de las personas para las que trabaja.

Pese a la creciente necesidad de ese tipo de figuras, no existen datos sobre el número preciso de personas que se dedican a esa profesión, aunque algunas estimaciones hablan de unas 10 mil, distribuidas a lo largo de todo el territorio nacional y con una tendencia al aumento, a la par que crece año con año el número de inmigrantes. En Italia, de acuerdo con datos del Ministerio del Interior, hay seis centros para solicitantes de asilo, 10 centros de permanencia temporal y 10 centros de identificación y expulsión de indocumentados.

En todos ellos, los mediadores desarrollan un trabajo imprescindible para hacer menos dura la dramática realidad de los solicitantes de asilo y de los ilegales llegados generalmente por la vía marítima. Las fuerzas del orden suelen requerir frecuentemente la presencia de los mediadores tanto para los trámites básicos de identificación, como para los que tienen que ver con los permisos de residencia, reunión con familiares y asilo.

En todas esas situaciones contribuyen a hacer accesibles los diversos servicios ofrecidos por los centros, como asistencia médica, psicológica y legal, además de que enseñan nociones básicas del italiano, informan sobre las reglas de permanencia y respecto a los derechos de los inmigrantes.

Según el Ministerio del Trabajo, la profesionalidad de los mediadores en esos contextos tiene que ser de muy alto nivel y deben estar dotados de una gran capacidad de resistencia psico-física. Para el profesor Michele Grisoni, el mediador cultural debe ser fuerte, explorador y paciente, además de contar con una experiencia de vida significativa en otro país, como haber nacido ahí o haberse casado con una persona originaria de esa nación.

“El mediador cultural es una profesión con futuro”, consideró Grisoni, quien desde la década de los años 80 ha formado a generaciones de personas dedicadas a ese oficio.

Fuente de la noticia: http://www.20minutos.com.mx/noticia/211761/0/nueva-profesion-de-mediador-cultural-se-consolida-en-italia/

Fuente de la imagen:

 http://1.bp.blogspot.com/-2lzomeaYy6Q/UZGQTzHuSyI/AAAAAAAAABI/jwZXiMXfazg/s1600/interculturalidad1.jpg

Comparte este contenido:

El papa denuncia la «vergüenza» de la destrucción en el mundo tras Via Crucis

Italia/Abril de 2017/Fuente: Terra

El papa Francisco tachó hoy de «vergüenza» las «imágenes de devastación, destrucción y naufragio que se han convertido en ordinarias» en el mundo actual, tras presidir orante y en silencio el rito del Via Crucis en un Coliseo romano blindado.

«Cristo, nuestro único salvador, regresamos a ti también este año con la mirada baja de vergüenza y el corazón lleno de esperanza. Vergüenza por todas las imágenes de devastación, de destrucción y de naufragios convertidas en ordinarias en nuestra vida», lamentó.

Francisco, ante 20.000 fieles según la Santa Sede, denunció «la sangre inocente que cotidianamente es derramada de mujeres, niños, inmigrantes y personas perseguidas por su color de piel, pertenencia étnica o social o por su fe» en Jesús de Nazaret.

También tuvo palabras de crítica hacia la propia Iglesia, por «las veces que nosotros, obispos, sacerdotes, consagrados y consagradas, hemos escandalizado y herido tu cuerpo y hemos olvidado nuestro primer amor, nuestro primer entusiasmo y nuestra total disponibilidad».

También arremetió contra «el silencio ante las injusticias» y denunció «las manos perezosas en el dar pero ávidas a la hora de arrebatar y conquistar» o los «pies veloces en la vía del mal y paralizados en la del bien».

Francisco reclamó que la «cruz transforme nuestros corazones endurecidos en corazones de carne capaces de soñar, de perdonar y de amar», que convierta «esta noche tenebrosa en alba fulgurante de la resurrección» de Cristo.

«Te pedimos que rompas las cadenas que nos mantienen aprisionados en nuestro egoísmo, en nuestra ceguera voluntaria y en la banalidad de nuestros cálculos mundanos», oró el pontífice.

Francisco de este modo puso fin al sugestivo rito del Via Crucis, que consiste en el recorrido de la cruz desde el interior del Coliseo hasta la colina del Palatino, donde se encuentra el papa, para simbolizar el escarnio y muerte de Jesucristo.

El papa llegó en torno a las 21.00 locales (19.00 GMT) a la colina del Palatino, próxima al Anfiteatro Flavio, y fue recibido por la alcaldesa de la capital, Virginia Raggi, con quien conversó unos instantes.

La zona fue blindada con un férreo dispositivo de seguridad por la amenaza terrorista, en el que se sucedieron los controles y por el que los principales accesos a los alrededores del Coliseo fueron cortados al tráfico y bloqueados con grandes coches policiales.

Desde el Palatino, con una cruz conformada por velas a sus espaldas, Francisco asistió en profundo recogimiento al recorrido del crucifijo, que este año estuvo acompañado por las meditaciones de la teóloga francesa Anne-Marie Pelletier.

La cruz fue portada por el cardenal vicario de Roma, Agostino Vallini, pero también por otras personas como un discapacitado, dos estudiantes, una familia así como por laicos y religiosos como los dos frailes franciscanos de Tierra Santa, uno de ellos argentino.

Pero también por fieles procedentes de algunos de los países que el pontífice visitará este año, como Egipto, Portugal o Colombia, y otros a los que planea viajar, como India.

En las meditaciones, Pelletier equiparó el calvario de Cristo con situaciones actuales, con «todo lo que hoy clama a Dios desde las tierras de miseria o de guerra, en las familias desgarradas, en las cárceles, en las embarcaciones sobrecargadas de emigrantes».

Tuvo también palabras para las mujeres, cuyo llanto «no falta nunca en este mundo» en el que, recordó, «hay mucho que llorar».

«El llanto de los niños aterrorizados, de los heridos en el campo de batalla que llaman a su madre, el llanto solitario de los enfermos y moribundos en el umbral de lo desconocido», apuntó.

Y es que, recordó la biblista en sus reflexiones, «son innumerables los hombres, las mujeres, incluso los niños violentados, humillados, torturados, asesinados, por todas partes y en todas las épocas de la historia».

El rito del Vía Crucis fue instaurado en 1741 por orden de Benedicto XIV, aunque su práctica cayó en el olvido con el paso del tiempo, hasta que se retomó en 1925.

No fue hasta el año 1964 cuando el pontífice y beato Pablo VI eligió para acoger esta ceremonia el Coliseo o Anfiteatro Flavio, símbolo de la persecución de los primeros cristianos en época romana.

Se trata de una de las celebraciones más esperadas de la Semana Santa romana, que proseguirá mañana con la Vigilia Pascual y con los actos del Domingo de Resurrección.

Fuente: https://www.terra.cl/noticias/mundo/europa/el-papa-denuncia-la-verguenza-de-la-destruccion-en-el-mundo-tras-via-crucis,370c05c4ba9bc05533f5adbc734fcc9dtesn0jvi.html

Imagen: http://laopinion.com/2017/04/14/video-el-papa-francisco-en-el-via-crucis-repudia-la-destruccion-en-el-mundo/

 

Comparte este contenido:

Italia: Educar de manera inclusiva: cuando las redes sociales se convierten en aula

Europa/Italia/16 Abril 2017/Fuente y Autor:cronista

Una comunidad en Facebook llamada “Didáctica Inclusiva” iniciada por un maestro italiano suma casi 400.000 seguidores y difunde videos ingeniosos de manera de acercarle contenidos educativos de una manera atractiva a los alumnos

El sitio se llama “MI PIACE la Didattica Inclusiva” y su lema es: “La escuela debe ser inclusiva para todos. En cambio, el término correcto para describir a las escuelas públicas italianas es desigual”

Por ejemplo enseña fracciones y equivalencias con manzanas

O sumas y restas mediante broches, bajo el lema “ideas para una matemática divertida”

También propone una introducción a la anatomía presentando “El mejor libro del cuerpo humano”

Cuando la educación online se convierte en una política de Estado, el caso neozelandés

El 22 de agosto de 2016, la ministra de Educación de Nueva Zelanda, Hekia Parata, presentó un proyecto de ley que contenía la fórmula de una transformación que intenta cambiar para siempre el paisaje de la educación. Se trata del proyecto COOL  (por sus iniciales en inglés: Comunities of Online Learning): todos los estudiantes neozelandeses desde el jardín de infantes hasta el último año de la secundaria podrían cursar sus estudios mediante la modalidad online, sin obligación de asistir a un establecimiento. La oferta educativa quedaría a cargo de operadores privados certificados por el gobierno, dado que el financiamiento corre por cuenta del Estado, las familias podían elegir enviar a sus hijos a una escuela o educarlos online.

El proyecto se encuentra en debate parlamentario y tanto la oposición política como los sindicatos se oponen a lo que consideran “la privatización de la educación” y la “precarización del trabajo docente”. Desde el oficialismo argumentan que “la desescolarización de la sociedad es un fenómeno que debe ponernos a todos a trabajar en pos de una educación más inclusiva y capaz de adaptarse a los nuevos tiempos”.

Fuente de la noticia: http://www.cronista.com/informaciongral/Educar-de-manera-inclusiva-cuando-las-redes-sociales-se-convierten-en-aula-20170412-0085.html

Fuente de la imagen:https://i.ytimg.com/vi/OK2sJ1y6a4U/sddefault.jpg

Comparte este contenido:

Italia abre el debate: ¿es necesaria la baja por menstruación?

Italia/03 abril 2017/Fuente: Smoda

En Japón la ley la contempla como derecho desde 1947. Preguntamos a varias expertas las consecuencias positivas y negativas de una medida de este tipo.

Italia podría convertirse en el primer país occidental con una política de “baja menstrual” para las mujeres trabajadoras. Así lo propone el proyecto de ley presentado hace unos días por cuatro legisladoras (Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono y Simonetta Rubinato) del Partido Democrático. La cámara baja del Parlamento italiano ya ha empezado a discutir la propuesta que, de ser aprobada, obligará a las empresas a conceder tres días al mes de baja remunerada (con el 100% del salario diario) a las empleadas que sufran dolor durante la regla. Las trabajadoras tendrán que pasar un control médico anual que certifique que sufren dismenorrea, nombre con el que se conocen las menstruaciones difíciles y dolorosas. La medida afectaría tanto a contratos a tiempo completo como parcial, permanentes o temporales ya sea en empresas públicas como privadas. Aunque a priori la medida podría parecer beneficiosa para las trabajadoras, está generando un airado debate en el país transalpino. ¿Podría repercutir en un descenso de las contrataciones femeninas por parte de los empresarios? ¿Debería darse por sentado que es un derecho quedarse en casa cuando se tienen dolores?

 En contra

La revista femenina Donna Moderna considera que podría provocar que “los empresarios prefieran contratar a hombres en lugar de a mujeres”. Una opinión similar a la que sostiene Daniela Piazzalunga, economista que ha analizado el lado negativo de la medida para The Washington Post. “Las mujeres ya se están tomando días libres a causa de los dolores menstruales, pero la nueva ley permitiría que lo hicieran sin necesidad de utilizar las bajas por enfermedad u otros permisos. Sin embargo, si la ley se aprueba podría tener repercusiones negativas: la demanda de mujeres trabajadoras podría disminuir o podrían ser penalizadas en términos salariales o de ascenso”, defiende. Según apunta la escritora feminista Miriam Goi en la edición italiana de Vice, también existe el peligro de que, en lugar de romper tabúes sobre la menstruación, la medida acabe “reforzando los estereotipos sobre las mujeres y su condición emocional y hormonal en esos días”.

A favor

Los entusiastas de la medida la consideran un signo de progreso y resaltan la importancia de reconocer el dolor femenino en un país en el que entre el 60 y el 90% de las mujeres sufren dismenorrea. “La propuesta es un gesto humano que reconoce el dolor que muchas mujeres tienen que soportar durante el ciclo menstrual, apunta en su canal de Youtube Irene Facheris, fundadora de la web feminista Bossy. La edición italiana de Marie Claire también se ha posicionado a favor definiendo la propuesta de ley como “estandarte del progreso y la sostenibilidad social”.

Erika Irusta, pedagoga especializada en educación menstrual y autora del blog El camino de Rubí así como de varios libros al respecto, comparte su opinión con S Moda: “Lo primero que hay que aclarar es que la regla en sí no debería producir dolor. Cuando duele se denomina dismenorrea y siempre existe un motivo detrás que es necesario averiguar y tratar. Por tanto, ¿acaso una persona que sufre una enfermedad crónica mensual no merece tener derecho a una baja? ¿No veríamos normal que un hombre que padezca algún tipo de enfermedad crónica se quede en su casa?”, se pregunta la experta. “Es una dicotomía muy dura la que se plantea a las mujeres. El problema no es nuestro cuerpo sino que tengamos que elegir entre dos horrores: ir a trabajar con dolores y aguantar la jornada a base de medicamentos que solo anestesian los síntomas y ni siquiera tratan el problema o enfrentarnos a que no nos quieran contratar”, afirma contundente. Según Irusta, es “aberrante que el foco se ponga en nosotras” e incluso para las empresas sería positivo tomar medidas que ayuden a sus empleadas a lidiar con los dolores menstruales. “Tratarlas como seres humanos en lugar de como ordenadores que se reemplazan cuando se estropean haría sentir a las trabajadoras más afines a su empresa y mejoraría su rendimiento laboral”.

Italia plantea tres días al mes de baja remunerada por dolores menstruales.

Yolanda Besteiro, presidenta de la Federación de Mujeres Progresistas, confiesa a S Moda que es complicado situarse en uno de los bandos. “Por un lado, en una realidad ideal, es una gran medida sin ninguna duda. Pero teniendo en cuenta que vivimos en un mundo en el que te pueden despedir simplemente por ser madre, está claro que una baja de este tipo podría perjudicar a las mujeres”, explica. Precisamente en Italia casi una cuarta parte de las mujeres embarazadas son despedidas durante el embarazo o justo después de dar a luz (a pesar de que sea ilegal), tal y como recoge un informe realizado por ISTAT, el instituto nacional de estadística italiano. Según explica The Washington Post, los empresarios del país muestran reticencia a contratar a mujeres y a mantenerlas en el puesto después de que sean madres. Esto se traduce en que Italia tenga una de las tasas más bajas de participación femenina en el mercado laboral de Europa. Sólo el 61% de las italianas trabaja, bastante por debajo de la media europea situada en un 72%.

La baja menstrual en otros países

Si finalmente la propuesta de ley se aprobase, Italia sería el primer país de la Unión Europea en adoptar esta política, mucho más popular en los países asiáticos. En Japón la ley que regula las bajas laborales de este tipo –’seirikyuuka, que se traduce como “derecho fisiológico”– data de 1947; en Taiwán existen desde 2013 tres días adicionales por la regla a la baja pagada; en Corea del Sur se aprobó en 2001 y en Indonesia las mujeres tienen derecho a dos días al mes por los efectos generales (no se distingue entre físicos o psíquicos) de la menstruación. Incluso algunas multinacionales como Nike u otras más pequeñas como Coexist en Bristol han adoptado la medida como parte de su política interna para que sus trabajadoras puedan coger unos días libres durante el periodo. ¿Estamos cerca en España de plantearnos medidas de este tipo? Tanto Irusta como Besteiro coinciden en que es poco probable y que aún nos queda un largo camino por recorrer. Así lo resume la primera: “La menstruación es política pero después de la que se lió con la copa menstrual y los pocos avances que hay en la higiene femenina, creo que aún estamos lejos”.

Fuente:http://smoda.elpais.com/moda/actualidad/italia-baja-remunerada-regla/

Comparte este contenido:
Page 29 of 42
1 27 28 29 30 31 42