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Italia:Reforma regional de servicios educativos 0-3 años: vacunas flexibilidad, calidad y obligatorias

Europa/Italia/02 de julio 2016/www.lugonotizie.it/http:/

Resumen :

La vacuna debe convertirse restricción para el acceso a los nidos. Bonaccini: «Nos preocupan por la salud de los niños, comenzando por los más débiles y los más frágiles.» En Emilia Romagna por más de dos puntos porcentuales en dos años de los niños vacunados

Señalan que cambiar el mundo del trabajo, el cambio de las familias, que exigen una mayor flexibilidad en los servicios educativos para la primera infancia. Se va en este sentido el proyecto de ley que el Consejo Regional de Emilia Romagna revisará el próximo lunes, y la reforma del sistema educativo en Emilia-Romaña para el grupo de edad de 0 a 3 años, superando a la legislación vigente, en 2000, nació en un contexto económico y social muy diferente a la de hoy.«Hay tres líneas de acción – según una nota de la región -: mayor flexibilidad de organización de los servicios, un sistema de acreditación de los establecimientos educativos simples, la introducción de la vacunación obligatoria contra la poliomielitis, la difteria, el tétanos y la hepatitis B para inscribirse.Otras medidas importantes incluidas en la medida son la evaluación de la calidad, la mejora de la formación y el proyecto educativo, lo que simplifica la distribución de los recursos para la gestión y calificación de los servicios que son asignados directamente por la Región de los municipios o sus uniones .»Con esta medida – El presidente de la Región, Stefano Bonaccini – seguimos otra promesa que habíamos hecho al principio del término: introducir un proyecto de ley que garantiza y mejora la calidad del servicio educativo 0/3 años, . que es una pluma en nuestra gorra, siempre explicar las razones que inspiraron la medida, el presidente ha destacado que «en nuestra región hay dos aspectos importantes: el alto porcentaje de acogida de los niños en los nidos y empleos las mujeres. creo que esta medida va en la dirección de una respuesta positiva a estas cuestiones, lo que refuerza las oportunidades y satisfacer las necesidades de una sociedad que ha cambiado significativamente en los últimos años. al mismo tiempo, mantener la calidad del servicio y darle la oportunidad de crear nuevos puestos de trabajo «en cuanto a la vacunación obligatoria, Bonaccini dijo que» el supuesto es claro:. nos preocupa la salud de los niños, comenzando por los más débiles y los más frágiles. Hay que proteger, que es nuestro deber, los niños inmunocomprometidos, que sufren de enfermedades graves, pacientes con cáncer: la vacunación de todo, también se protegen ellos, lo que tiene aún más necesidad. No queremos poner limitaciones innecesarias, sino en la Bonaccini–llegado a la conclusión opuesta, asegurando el máximo de salud para nuestra comunidad. Somos la primera región y que hacemos y lo hacemos con conviccion ¿Por qué esta elección «Porque los niños? – Dice el sitio web de la región – que viven en comunidades donde la tasa de vacunación es baja son aún más riesgo de contraer la enfermedad, ya que existe una mayor circulación del agente infeccioso . a la luz de todo esto, es importante vacunar a proteger a todos los niños, y más aún el más débil (inmunodeprimidos, con enfermedades crónicas graves, que sufren de tumores): para ellos la oportunidad única de asistir a la comunidad es que todos los demás están vacunados, para prevenir enfermedades circulan y pueden llegar a ellos  En la cobertura de Emilia-Romagna para todas las vacunas, que siempre ha sido muy bueno, uno de los mejores de Italia. En particular, en lo relativo a las cubiertas preceptiva, hasta la década de 2000, que superó el 98%. Entre 2009 y 2010 se comenzó un declive gradual, que fue especialmente pronunciada a partir de 2013 hasta la actualidad, pasando de 95,7% (en 2013) al 93,4% en 2015, con una pérdida de más de dos puntos porcentuales en tan sólo dos años.201

Fuente: http://www.lugonotizie.it/articoli/2016/07/02/riforma-regionale-dei-servizi-educativi-0-3-anni-flessibilit-qualit-e-vaccini-obbligatori.html

Fuente imagen: http://www.ravennanotizie.it/$file/_id1/2/_id2/0000038633.jpg

 

L’obbligo vaccinale diventa vincolo per l’accesso ai nidi. Bonaccini: “Abbiamo a cuore la salute dei bambini, a partire dai più deboli e dai più fragili”. In Emilia Romagna calo di oltre due punti percentuali in due anni dei bimbi vaccinati

Cambia il mondo del lavoro, cambiano le famiglie, che chiedono una maggiore flessibilità nei servizi educativi per la prima infanzia. Va in questa direzione il progetto di legge che la Giunta regionale dell’Emilia ROmagna esaminerà lunedì prossimo, e che riforma il sistema educativo emiliano-romagnolo per la fascia di età da 0 a 3 anni, superando l’attuale normativa, del 2000, nata in un contesto economico e sociale assai diverso da quello di oggi.

«Tre sono gli assi di intervento – spiega una nota della Regione – : maggiore flessibilità organizzativa dei servizi, un sistema di accreditamento delle strutture educative semplice, introduzione della obbligatorietà delle vaccinazioni contro poliomielite, difterite, tetano ed epatite B per l’iscrizione.

Il progetto disegna una legge-cornice, che recepisce le novità introdotte dalla riforma nazionale (legge 107/2015) e che, insieme alla direttiva sull’organizzazione e il funzionamento che la completerà, punta ad andare incontro alle esigenze di un mondo del lavoro diverso dal passato, senza arretrare in nessun modo sulla qualità dei servizi erogati.

La riforma istituisce anche un sistema di accreditamento per i servizi educativi: chi vorrà ricevere finanziamenti pubblici potrà contare su un percorso più snello, assai diverso da quello vigente nel sistema socio-sanitario. Alle strutture che vogliono accreditarsi sarà infatti richiesto soltanto il progetto pedagogico, la presenza di un coordinatore pedagogico di riferimento e uno strumento di autovalutazione della propria attività. Dal punto di vista della salute, il progetto di legge introduce il rispetto degli obblighi vaccinali per difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. E questo sarà un vincolo per l’ammissione ai servizi educativi per la fascia di età 0-3 anni.

Altre importanti misure contenute nel provvedimento sono la valutazione della qualità dell’offerta, la valorizzazione della formazione e del progetto pedagogico, la semplificazione della distribuzione delle risorse per la gestione e la qualificazione dei servizi, che vengono direttamente assegnate dalla Regione ai Comuni o loro Unioni.

«Con questo provvedimento – ha dichiarato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini – teniamo fede a un’altra promessa che avevamo fatto a inizio legislatura: presentiamo un progetto di legge che garantisce e accresce l’altissima qualità del servizio educativo 0/3 anni, che è un nostro fiore all’occhiello, da sempre. Spiegando le ragioni che hanno ispirato il provvedimento, il presidente ha sottolineato che “nella nostra regione vi sono due aspetti rilevanti: l’alta percentuale di accoglienza dei bimbi nei nidi e l’occupazione femminile. Credo che questo provvedimento vada nella direzione di rispondere positivamente a questi temi, rafforzando le opportunità e rispondendo alle esigenze di una società che è profondamente cambiata negli ultimi anni. Allo stesso tempo, manteniamo molto alta la qualità dei servizi e diamo la possibilità di creare nuovi posti di lavoro”. Per quanto riguarda l’obbligatorietà delle vaccinazioni, Bonaccini ha detto che “il presupposto è chiaro: abbiamo a cuore la salute dei bambini, a partire dai più deboli e dai più fragili. Dobbiamo tutelare, è nostro dovere, i bambini immunodepressi, affetti da gravi patologie, malati di tumore: vaccinando tutti proteggiamo anche loro, che ne hanno ancora più bisogno. Non vogliamo mettere vincoli inutili ma, al contrario- ha concluso Bonaccini-, garantire il massimo della salute alla nostra comunità. Siamo la prima Regione e farlo e lo facciamo con convinzione”.

Il sistema educativo in Emilia-Romagna

Come riporta il sito della Regione, il sistema dei servizi educativi per la prima infanzia in Emilia-Romagna è rappresentato da nidi d’infanzia che possono accogliere bambini in età 3 – 36 mesi, sia a tempo pieno che a tempo parziale, organizzati con modalità diversificate in riferimento sia ai tempi di apertura (tempo pieno e part-time) sia alla loro ricettività; dai servizi domiciliari organizzati in piccoli gruppi educativi; da quelli integrativi, come lo Spazio bambini e i Centri per bambini e genitori.

Secondo i dati regionali riferiti all’anno educativo 2014-2015 in Emilia-Romagna i bambini iscritti nei 1.214 servizi educativi della regione sono 33.140, di cui l’82% frequenta i 997 nidi, nidi aziendali, micronidi e sezioni primavera e il restante 7% frequenta i 137 servizi integrativi e gli 80 servizi domiciliari e sperimentali.

Vaccini: una tutela per il singolo e per la comunità

Il progetto di legge – all’articolo 6, comma 2 – introduce quindi il rispetto degli obblighi vaccinali per quelli già considerati obbligatori. Un apposito provvedimento della Giunta regionale darà attuazione a quanto disposto dal progetto di legge.
Perché questa scelta? «Perché i bimbi – si legge nel sito della Regione – che vivono in comunità dove il tasso di vaccinazione è basso corrono un rischio ancora più elevato di contrarre le malattie, dal momento che vi è una maggiore circolazione dell’agente infettivo. Alla luce di tutto questo è importante vaccinare per proteggere tutti i bimbi, e a maggior ragione i più deboli (immunodepressi, con gravi patologie croniche, affetti da tumori): per loro l’unica possibilità di frequentare la collettività è che tutti gli altri siano vaccinati, per evitare che le malattie circolino e possano raggiungerli».

Riforma nidi, dati sui vaccinati. La copertura in Emilia-Romagna: un calo di oltre due punti percentuali in due anni

La percentuale di vaccinati che garantisce la miglior protezione a tutta la popolazione deve attestarsi al di sopra del 95%.
In Emilia-Romagna la copertura, per tutte le vaccinazioni, è sempre stata molto buona, una delle migliori in Italia. In particolare per le obbligatorie le coperture, fino agli inizi degli anni 2000, superavano il 98%. Fra il 2009 e il 2010 è iniziata una graduale diminuzione, che si è accentuata particolarmente dal 2013 a oggi, passando dal 95,7% (nel 2013) al 93,4% nel 2015, con una perdita di oltre due punti percentuali in soli due anni. In alcune aree della regione poi, in particolare nel riminese, le coperture sono al di sotto del 90% (87,5% nel 2015).

 

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España: Película. Cerca de Tu Casa


Película/ España/01-07-2016/
Dirigida por Eduard Cortés/

fuente: http://www.lahiguera.net/cinemania/pelicula/7035/sinopsis.php

Reseña:

Otoño 2007. Sonia, una joven de treinta años que tras perder su trabajo, no puede hacer frente al pago de la hipoteca. El empleado de la oficina bancaria que se enfrenta al drama de dejar sin casa a sus vecinos de toda la vida. Un policía que vive atormentado porque debe sacar a familias enteras de sus pisos y dejarlas en la calle… Son algunas de las situaciones que se suceden en esta historia de lucha, solidaridad y esperanza.

Sinopsis argumental
Año 2007. En España se ejecutan los primeros desahucios, tras la explosión de la burbuja inmobiliaria. Se trata del inicio de lo que acabará siendo un verdadero tsunami. Un tsunami que dejará sin vivienda a miles de personas. Las primeras víctimas de esas ejecuciones hipotecarias no eran conscientes de lo que se les venía encima, ya que, que a pesar de haber perdido su casa, continuaban con una deuda que ahora también amenazaba la vivienda de sus avaladores. Sin techo, sin información y sin recursos para salir del agujero negro al que el sistema les había precipitado, su drama, al ser de los primeros, no tuvo ninguna repercusión mediática. Lo vivieron prácticamente en soledad, como un fracaso personal que los dejaba absolutamente impotentes y con la autoestima por los suelos.

CERCA DE TU CASA explica uno de esos dramas, el de Sonia y su familia, quienes, tras perder su trabajo, no pueden hacer frente a las cuotas de la hipoteca y son desahuciados junto a su hija de 10 años. Como no tienen adónde ir, se instalan en el piso de sus padres. La falta de espacio, la tensión por los problemas económicos y la sensación constante de frustración los arrastran a continuos desencuentros, reproches y discusiones. La madre de Sonia, además, considera que el fracaso de su hija es una vergüenza que se debe ocultar.

Por si fuera poco, el piso que Sonia ha perdido no es suficiente para saldar la deuda con el banco, que aún le reclama una importante suma de dinero. Sin ingresos no puede hacer frente a los pagos que el banco le exige cada mes. Se inicia entonces un proceso de ejecución y desahucio sobre la casa de sus padres por constar como avaladores.

Esos primeros desahucios trajeron también otro tipo de dramas paralelos. Como el de Jaime, un policía que tras realizar el desahucio de la familia de Sonia, sufre una crisis laboral. No puede apartar de su cabeza el modo en que fueron expulsados de su piso y abandonados en medio de la calle. Eso lo llevará a investigar de forma obsesiva el paradero de Sonia y su familia para comprobar qué ha sido de sus vidas.

También Pablo, el empleado de la agencia bancaria en la que se firmaron la mayoría de las hipotecas del barrio, sufre en carne propia el drama de sus vecinos, a quienes, de algún modo, siente que ha traicionado. Para él las ejecuciones hipotecarias significan dejar en la calle a amistades con las que incluso compartió juegos de infancia, y en el caso de Sonia, nuestra protagonista, a la persona de la que siempre ha estado enamorado. Pablo siente que les está destrozando la vida a los suyos y se debate entre seguir en el banco o abandonarlo. Pero la hipoteca de su propia casa le impide prescindir de su trabajo.

Ante tanta frustración, tanta indefensión, sólo hay una salida: comprender que el suyo no es un drama individual, que cada vez hay más gente en la misma situación. Que la peor medida es vivirlo como un fracaso personal que se debe ocultar por vergonzante.

Es por eso que nuestros protagonistas no podrán recuperar su dignidad hasta que no entiendan que su caso no es más que uno de los primeros de los muchísimos que se producirán en los próximos años. Que es imprescindible que la gente empiece a saber lo que está pasando, que tenga repercusión mediática, que la gente entienda que no son ellos los que han fallado, sino el sistema, y que la única manera de combatirlo es la unión, la solidaridad y la resistencia

fuente: http://www.lahiguera.net/cinemania/pelicula/7035/sinopsis.php

Fuente imagen : http://www.lahiguera.net/cinemania/pelicula/7035/cerca_de_tu_casa-cartel-6952.jpg

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Reino Unido: Marcha por Europa congrega a miles de personas contra el Brexit

Europa/Reino Unido/02 julio 2016/Noticia/ telesurtv.net
Los ciudadanos en contra de la salida de Reino Unido de la UE piden ante el Parlamento que se tomen medidas para evitar que el referendo sea la última palabra sobre el brexit.

Miles de personas se sumaron este sábado a la «Marcha por Europa» en Londres para manifestar su rechazo a la salida de Reino Unido de la Unión Europea (UE), decisión adoptada por la misma ciudadanía en el referendo del pasado 23 de junio.

Los británicos en contra de esta medida recorrieron las calles de Londres hasta llegar a la Plaza del Parlamento, donde realizan un multitudinario picnic anti-brexit.

«UE, te quiero» y «esperanza en lugar de odio» han sido algunas de las consignas de los manifestantes.

«Podemos evitar el Brexit si nos negamos a aceptar el referéndo como la última palabra», dijo Kieran MacDermott, organizador de la marcha y estudiante del King’s College de Londres.

La Marcha por Europa se celebra al mismo tiempo en decenas de ciudades británicas.

 

Fuente: http://www.telesurtv.net/news/Marcha-por-Europa-congrega-a-miles-de-personas-contra-el-brexit-20160702-0003.html

Fuente:http://www.telesurtv.net/__export/1467462063484/sites/telesur/img/multimedia/2016/07/02/cmw46b_xgaas19v.jpg_1718483346.jpg

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Reino Unido: NUT strike, why are teachers set to strike on July 5?

Europa/Reino Unido/Julio 2016/Autor: Josie Gurney-Read / Fuente: telegraph.co.uk

Resumen:  El 5 de julio, los miembros de la Unión Nacional de Profesores (NUT) se movilizan en lo que será el primer día nacional de acción del sindicato desde el 2014. Los miembros votaron abrumadoramente a favor de la acción con el fin de hacer frente a la financiación de la escuela y reanudar las negociaciones sobre contratos de los maestros.

On July 5, members of the National Union of Teachers (NUT) will walk out in what will be the union’s first national day of action since 2014.

Members voted overwhelmingly in favour of action in order to address school funding and to resume negotiations on teacher contracts.

In the NUT’s ballot, 91.7 per cent voted in favour of strike action, with a 24.5 per cent turnout.

It will be the latest in a series of strikes that the union has called to tackle issues that have remained similar for many years.

But in a letter written to Nicky Morgan, the Education Secretary, on June 28, the NUT highlighted further reasons for striking, stating that the note was a «last appeal» before action was taken.

With strike action set to affect thousands of children across the UK, what reasons have teachers given for the decision?

Haven’t we been here before?

Yes and no. In July 2014, NUT members took part in a day of action alongside members of UNISON, UNITE, GMB, PCS and the FBU.

At the time, the NUT cited pay, pensions and workload as three key reasons for walking out. According to the union, pension contribution increases and pay restraint had meant that teachers had seen a 15 per cent fall in the value of their take home pay.

Performance related pay (PRP) was also a key issue, along with the oft-quoted 60 hour working week.

So what’s new?

Workload is still an issue, but the NUT focused on funding in their letter to the Education Secretary. Writing in June, Kevin Courtney, the acting general secretary of the National Union of Teachers, warned that the funding situation in schools could get «progressively worse».

He cited forecasts from the Institute for Fiscal Studies which predicted an 8 per cent cut in funding in real terms over the next few years.

The NUT argues that these funding cuts could have «negative implications» including; an increase in class sizes, fewer subject choices for children, and cuts in support and teaching staff. All of which could affect standards overall.

Anything else?

Yes, the «de-regulation of teacher terms and conditions». In plain English? Following the Government’s push to turn all schools into academies, decisions about pay and working conditions are increasingly being made at school level, rather than following a national standard.

The NUT’s concern is that there is little evidence that making decisions, for example, on sick pay and maternity leave at school level, leads to higher standards – in fact, the union suggests that this responsibility could distract school leaders from the important business of educating children.

But pay is still an issue?

Pay is definitely still a concern for unions. At the most basic level, the NUT have said that unless pay and working conditions improve, it is unlikely that the teacher recruitment and retention «crisis» will get better at any point soon.

In short, what are the NUT asking for?

In his letter to Nicky Morgan, Mr Courtney outlined three requests to avoid the strike action.

1.-Fund schools sufficiently to cover the increased staff costs you have imposed on them.
2.-Tell academies they must at least have regard to the national terms and conditions.
3.-Promise meaningful talks to look for a full resolution of the dispute.

What have the Department for Education (DfE) said?

A Department for Education spokesman said: «It is disappointing the National Union of Teachers has chosen to take unnecessary and damaging strike action, which less than a quarter of its members voted for. It is even more disappointing when we have offered and committed to formal talks between ministers and the unions to address their concerns about pay.

“Industrial action causes disruption to children’s education and parents who have to take time out of work to arrange childcare, we urge the NUT not to proceed with this strike and to resolve pay disputes at the negotiating table rather than playing politics with children’s futures.»

Fuente de la noticia: http://www.telegraph.co.uk/education/2016/06/29/nut-strike-why-are-teachers-threatening-to-strike-on-july-5/

Fuente de la imagen: http://www.telegraph.co.uk/content/dam/education/2016/06/23/NUT-large_trans++zPDZVAnxkOCx_pj0EK6q2ie_KZA7U11Z2fv3xK1bZa0.jpg

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Rusia: Project 5-100 doubles foreign students

Europa/Rusia/Julio 2016/Autor: Editor / Fuente: thepienews.com

ResumenTres años después de su lanzamiento, la iniciativa de la educación superior internacionalización insignia de Rusia, Proyecto 5-100, está empezando a ver los resultados, con números de estudiantes internacionales en el que casi los dobla entre 2012 y 2015.

Three years on from its launch, Russia’s flagship higher education internationalisation initiative, Project 5-100, is beginning to see results, with international student numbers nearly doubling between 2012 and 2015.

International student numbers across the project’s 21 universities reached 4,700 in 2015 – nearly twice the number there were in 2012, when the initiative was announced.

Speaking with The PIE News, the state-funded project’s deputy executive director, Nadezhda Polikhina, said the increase in international student numbers, along with an increase in joint degree programmes, international staff and faculty and foreign language-taught programmes, demonstrates the project is meeting its goals.

“We see the effect on the people in the universities; they have changed their attitude so they also develop with the universities,” she said.

The project was implemented in 2012, ostensibly with the goal of propelling five institutions into the top 100 ranked universities in the world, but its broader aim is to enhance the competitiveness of Russian higher education by strengthening areas such as international student and faculty numbers, international collaboration and research publications.

“[Rankings are] not the ultimate goal; the goal is to enhance competitiveness of the Russian universities around the globe, to improve the Russian educational system and to develop universities in Russia,” Polikhina said.

Since 2013, the project has supported universities with funding and training, as well as providing PR support and a national brand that is present at global events.

By 2015, universities had developed some 680 programmes in collaboration with foreign universities and research organisations, including double degree programmes and professional training, as well as more than 280 new study programmes taught in foreign languages, with the majority in English.

Internationalisation efforts have been supported by an increase in foreign faculty members, which have quadrupled on average across the universities since the start of the project.

The impact of support for research – including funding, training on publishing in English and guidance on how to identify quality journals to publish in – can also be clearly seen, Polikhina said, citing a tripling in the number of highly-cited publications by Project 5-100 faculty in journals which are among the top 1% and 10% of the most highly-cited publications in the world between 2012 and 2015.

“Part of the reason [Russian universities don’t tend to rank highly in league tables] is it is a big challenge to have publications in English, because historically Russian universities have publications only in Russian,” she commented. “Nobody knew the good results of the research.”

Fuente de la noticia: http://thepienews.com/news/russia-project-5-100-doubles-foreign-students/

Fuente de la imagen: http://d1pe6f90ru47yo.cloudfront.net/wp-content/uploads/2016/07/01123639/Screen-Shot-2016-07-01-at-13.35.43-860×375.png

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Francia: L’entrepreneuriat ou comment le modèle parental influe sur l’entreprise

Espíritu empresarial o cómo el modelo de los padres afecta el negocio

Europa/ Francia/  Julio  2016/Noticias/Le Conversation

Resumen:

El espíritu empresarial  del padre como contratista promovia en casa que  todo el mundo  hablará de la empresa. Esta  como era parte de la familia expresó «…» Cuando estaba  pequeña, a menudo vía a su  mi tío el cual  había montado su negocio en África., teniendo éxito. Expresa que su padre tenía un poco de remordimiento, por no haber seguido”.

Estos son extractos textuales de las entrevistas con los creadores y líderes de negocios con más de 10 puestos de trabajo. Todas estas personas tienen edades, diferentes orígenes. Ellos trabajan en actividades muy diferentes, pero todos ellos tienen dos cosas en común:

  1. primer punto, su negocio no conoce la crisis y combina el crecimiento económico y la sostenibilidad
  2. segundo punto, como se indica por extractos de las entrevistas, se prácticamente todos los empresarios de un pariente cercano. El modelo empresarial de ellos padres.

Esto se muestra por un estudio que realizaron en el espíritu empresarial de red en 2014 en una red de este tipo, donde la pertenencia implica el deseo de crear no menos de 10 puestos de trabajo en 10 años, casi el 72% de los empresarios tiene un padre que contratista está o ha estado en un sentido amplio (incluimos las profesiones, ya que es la creación de una estructura y actividad). Estos resultados han sido corroborados por otros estudios.

Esta situación está lejos de ser franco-francesa: muchas otras investigaciones en los Estados Unidos, Túnez o en otros países europeos demuestran que el estilo de crianza es la primera garantía de la intención empresarial, es decir, cuanto más ve a los padres se comprometen (en un sentido económico, es), más el niño querrá entreprendre¹.

Sin embargo, lo que es sorprendente es que aquí no se está hablando solamente de la

Intención empresarial, pero sí de la capacidad de llevarla acabo. Ésta tendencia no se revierte.
Esto es doblemente sorprendente al ver que el vínculo entre los padres y los empresarios y el éxito empresarial creativa no son necesariamente entre los propietarios de PYME de más de 60 empleados encuestados en este estudio, pero es más frecuente en las generaciones más jóvenes Lo evidencia en los EE.UU. Orígenes sociales y empresariales de la generación de los creadores de Google, LinkedIn e incluso más recientemente AirBnB, Uber. Todos los empresarios tienen padres!

La evidencia en Francia. El estudio incluso estudiar para el Emprendimiento Red en 2014 muestra que el perfil del contratante «nueva generación» y fuente de empleo es parte de los líderes de negocios familiares – en un sentido amplio -, sino también altamente cualificado.
¿Qué pensar de tal declaración? Después de todo, Bourdieu ha puesto de relieve los mecanismos de reproducción social por el cual un niño tenderá a abrazar la misma profesión

En este caso la profesión de docente de sus padres.

A lo sumo, en este caso, encontraron que  ante una extensión de la teoría de Bourdieu al mundo económico, el cual, después de todo, parece gestiona sorprendente, pero sigue siendo problemático  por dos razones:

  • Primer reto: romper la necesidad de los padres para permitir la renovación económica
    A menudo tienden a olvidar, pero el modo de funcionamiento de su economía es el capitalismo, que implica la crisis de desintegración o fases, durante el cual las empresas o actividades, mueren y las fases de crecimiento, más o menos fuerte efecto, marcada por la creación de nuevas empresas, destinado a recrear los puestos de

Trabajo perdidos y generar nueva riqueza .Se observa que la renovación económica después de la guerra hasta los años 80 no fue proporcionada por contratistas niños, no aparece por ahora.

La consecuencia? encuestas del INSEE en 2011 3,14 millones empresas (excluyendo la agricultura), incluyendo 3 millones de microempresas.
Naturalmente, estas empresas están condenadas a estancarse para algunos (si los 3 millones de microempresas), algunos crecen y otros a desaparecer. El alivio estaría a cargo de los empresarios a crear puestos de trabajo y que es precisamente donde radica el problema: la renovación económica que pudiera exponer a Francia a los hijos de estos unos 3 millones de empresarios para la subsistencia económica cerca 70 millones de personas en Francia…

El cifrado es el resumen y la caricatura, lo reconozco. Sin embargo, se nota la necesidad de romper esta tendencia y para cambiar la genética empresarial y promover el aprendizaje de esta habilidad para generar crecimiento y empleo en los empresarios no nativos

  • Segunda cuestión: el fracaso de la enseñanza del espíritu empresarial para romper este enfoque empresarial filialEste fenómeno de refuerzo de la paternidad en el espíritu empresarial dicha ambición va acompañado de un segundo fenómeno: nunca hubo habido muchos cursos empresariales en la educación superior, curso de gestión, pero no es tan; nunca ha sido tan incubadoras (las listas Express a través de 3000 en 2014 en el continente).

Dado que todos los estudiantes en la educación superior no son hijo o hijas de los empresarios, que son capaces de cuestionar el propósito o la eficacia de estos cursos.
¿Qué, pues? Parece que una palanca de doble necesita ser activado.

La primera palanca invita a la reflexión sobre la organización de la enseñanza del espíritu empresarial en la parte superior en Francia: todo está dirigido al proceso de creación de empresas, dejando la gestión de la estrategia de crecimiento de los profesores.
Si se certifican los beneficios de este tipo de formación para generar interés en la iniciativa empresarial y la intención empresarial con el tiempo, es urgente para centrarse en los estudiantes de enseñanza y de formación para el crecimiento empresarial.

Segunda pista a la educación superior, pensar en lo que yo llamo el «caso Frédéric Mazella.»Sin embargo, se dio cuenta de sus clases empresariales en Stanford, en la Facultad de Ciencias de la Computación, que también nació Google, LinkedIn, etc. Su nombre recuerda que la formación empresarial de crecimiento basado en la integración en un contexto.

Estas agrupaciones existen en Francia: Paristech, etc. Las escuelas no sólo para integrarse en estos , para integrar verdaderamente a todos los estudiantes.

Ciertamente, la educación superior todavía sirve caballero caballeros contratista de una familia de empresarios, pero es de esperar que también puede apodado los «empresarios no nacidos» y, finalmente, contribuir a la reactivación económica Francia.

(1) A este respecto, puede hacerse referencia en el artículo Jamoussi de mis colegas, E. B., y Maalaoui, A. (2015). La transposición de Sirmon y Hitt modelo en el campo de la iniciativa empresarial de los jóvenes. El Diario de Ciencias de la Administración, (1), 21-27 o más en general, los resultados de la Fundación Kauffman para tener más cifras en los Estados Unidos.

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Fuente: https://theconversation.com/fr/education

FuenteImagen:https://62e528761d0685343e1c-f3d1b99a743ffa4142d9d7f1978d9686.ssl.cf2.rackcdn.com/files/128317/width1012x668/image-20160627-28395-kfgq6t.jpg

 

L’entrepreneuriat ou comment le modèle parental influe sur l’entreprise

 Mon père était entrepreneur. À la maison, on ne parlait que de l’entreprise. Elle faisait partie de la famille »… « Quand j’étais petit, je voyais souvent mon oncle qui avait monté son entreprise en Afrique. Il avait réussi. Mon père nourrissait un peu le regret de ne pas l’avoir suivi… ».

Ces verbatims sont extraits d’entretiens réalisés auprès de créateurs et dirigeants d’entreprises qui comptent plus de 10 emplois. Toutes ces personnes ont des âges, des origines diverses. Elles travaillent dans des activités très différentes et pourtant, elles ont toutes deux points en commun : premier point, leur entreprise ne connaît pas la crise et combine croissance économique et pérennisation et, second point, comme l’indiquent les extraits d’entretiens, ils ont pratiquement tous un parent proche entrepreneur.

Le modèle parental entrepreneurial

C’est ce que montre une étude que nous avons menée pour Réseau Entreprendre en 2014 : dans un tel réseau où l’adhésion implique la volonté de créer pas moins de 10 emplois en 10 ans, près de 72 % des entrepreneurs ont un parent qui est ou a été entrepreneur dans un sens large (nous avons inclus les professions libérales puisqu’il s’agit de créer une structure et son activité). Ces résultats sont corroborés par plusieurs autres études.

Cette situation est loin d’être franco-française : de nombreuses autres recherches menées aux États-Unis, en Tunisie ou dans d’autres pays européens attestent que le modèle parental est le premier garant de l’intention entrepreneuriale, autrement dit, plus on voit les parents entreprendre (dans un sens économique, cela s’entend), plus l’enfant aura envie d’entreprendre¹. En revanche, ce qui est surprenant, c’est qu’ici, on ne parle pas uniquement d’intention entrepreneuriale, mais de capacité à entreprendre…

Une tendance qui ne s’inverse pas

Ce qui est doublement surprenant, c’est de constater que ce lien entre parents entrepreneurs et création et réussite entrepreneuriale n’existe pas nécessairement chez les dirigeants de PME de plus de 60 salariés interrogés dans cette étude, mais est surtout présente dans la jeune génération.

La preuve aux US ? Les origines sociales et entrepreneuriales de la génération des créateurs de Google, de LinkedIn mais plus récemment encore de AirBnB, d’Uber : tous ont des parents entrepreneurs ! ! !

La preuve en France ? L’étude même étude menée pour Réseau Entreprendre en 2014 met en évidence que le profil de l’entrepreneur « nouvelle génération » et créateur d’emplois est issus de parents dirigeants d’entreprises – dans un sens large –, mais également très diplômé, très signifiant diplômé d’une grande école ou d’une université réputée.

Que penser d’un tel constat ? Après tout, Bourdieu a bien mis en évidence les mécanismes de reproduction sociale, par lesquels un enfant aura tendance à embrasser la même profession – en l’occurrence ici le professorat – que celle de ses parents.

Tout au plus, dans ce cas, nous nous trouvons face à une extension de la théorie de Bourdieu au monde économique, ce qui, après tout, ne semble gère surprenant, mais est tout de même gênant à deux égards.

Premier enjeu : casser cette nécessité parentale pour permettre le renouveau économique

On a souvent tendance à l’oublier, mais le mode de fonctionnement de notre économie est le capitalisme, lequel implique des phases de crise voire de décroissance, durant lesquelles des entreprises, voire des activités, meurent et des phases de croissance, plus ou moins fortes d’ailleurs, marquées par des créations de nouvelles entreprises, censées recréer les emplois perdus et générer de nouvelles richesses.

Si on constate que le renouvellement économique d’après-guerre jusque dans les années 80 n’a pas été assuré par des enfants d’entrepreneurs, il n’en semble pas de même aujourd’hui.

La conséquence ? L’Insee recense en 2011 3,14 millions d’entreprises (hors secteur agricole) dont 3 millions de microentreprises. Les entreprises restantes étant celles qui emploient le plus de personnes.

Naturellement, ces entreprises sont vouées pour certaines à stagner (le cas des 3 millions de microentreprises), certaines à croître et d’autres à disparaître. La relève serait alors assurée par des entrepreneurs capables de créer des emplois et c’est là justement que réside le problème : on ferait supporter le renouvellement économique de la France aux enfants de ces quelques 3 millions d’entrepreneurs pour assurer la subsistance économique de près de 70 millions d’habitants en France…

Le chiffrage est sommaire et caricatural, je le reconnais. Il montre néanmoins la nécessité de casser cette tendance et de changer la génétique entrepreneuriale et de favoriser l’apprentissage de cette capacité à générer de la croissance et de l’emploi chez les non native entrepreneurs.

Second enjeu : l’échec de l’enseignement de l’entrepreneuriat à casser cette démarche d’entrepreneuriat filial

Ce phénomène de renforcement de la filiation dans l’entrepreneuriat dit d’ambition s’accompagne d’un second phénomène : jamais il n’y avait autant eu de cours d’entrepreneuriat dans l’enseignement supérieur, de management certes, mais pas que ; jamais il n’y a eu autant d’incubateurs (l’Express en recense plus de 3 000 en 2014 sur le territoire métropolitain), y compris des incubateurs d’écoles…

Sachant que tous les étudiants de l’enseignement supérieur ne sont pas fils ou filles d’entrepreneurs, on est à même de s’interroger sur la finalité, voire l’efficacité de ces cours et programmes.

À regarder les profils des jeunes créateurs et dirigeants d’entreprise dans les incubateurs, il semblerait que l’enseignement supérieur serait alors plus un catalyseur de talents entrepreneuriaux appris dans la famille qu’un réel vecteur d’apprentissage de la capacité d’une entreprise à croître.

Dit autrement, l’enseignement supérieur servirait plus d’adoubeur du jeune entrepreneur, attestant de l’existence de cette capacité entrepreneuriale que de révélateur ou développeur de cette même capacité.

Repenser l’enseignement de l’entrepreneuriat

Que faire alors ? Il nous semble qu’un double levier mérite d’être activé.

Le premier levier invite à réfléchir sur l’organisation de l’enseignement de l’entrepreneuriat dans le supérieur en France : elle est toute dirigée vers le processus de création d’entreprises, laissant la gestion de la croissance aux professeurs de stratégie, lesquels ont désormais peu d’expérience professionnelle, vu la pression pour l’embauche de docteurs – chercheurs dans ce domaine.

Si les bénéfices de ces formations sont attestés pour générer de l’intérêt pour l’entrepreneuriat et éventuellement de l’intention entrepreneuriale, il devient urgent de se focaliser sur l’enseignement et sur l’entraînement des étudiants à la croissance entrepreneuriale.

Seconde piste pour l’enseignement supérieur, réfléchir à ce que j’appelle le « cas Frédéric Mazella ». Le fondateur français de Bla Bla Car est emblématique car il est l’entrepreneur « qui confirme l’exception » : ses deux parents sont professeurs.

Pour autant, il a réalisé ses classes entrepreneuriales à Stanford, dans la faculté d’informatique qui a aussi vu naître Google, LinkedIn, etc. Son nom rappelle que l’apprentissage de l’entrepreneuriat de croissance repose sur l’intégration dans un contexte ambitieux et dans le cluster d’innovation adéquat.

Ces clusters existent en France : Paristech, etc. Aux écoles non seulement de s’intégrer dans ces derniers – elles le sont déjà –, mais de véritablement intégrer tous ses étudiants et pas uniquement la happy few entrepreneurial.

Deux leviers qui, au regard de la situation actuelle dans l’enseignement supérieur, ne semblent pas trop compliqués à actionner.

Certes, l’enseignement supérieur sert encore de chevalier qui adoube l’entrepreneur issu d’une famille d’entrepreneurs, mais il faut espérer qu’il puisse aussi adouber les « non born entrepreneurs » et, enfin, contribuer au renouveau économique de la France.

(1) À ce sujet, on pourra se référer à l’article de mes collègues Jamoussi, E. B., & Maalaoui, A. (2015). La transposition du modèle Sirmon et Hitt dans le champ de l’entrepreneuriat des jeunes. La Revue des Sciences de Gestion, (1), 21-27 ou plus généralement aux résultats de la Kauffman Foundation pour avoir plus de chiffres aux États-Unis.

 

 

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En Ginebra: la CDH adopta Declaración sobre Derecho a la Paz propuesta por Cuba

Europa/ Ginebra, Prensa Latina

La propuesta de Cuba sobre la Declaración sobre el Derecho a la Paz, fue adoptada en el 32 sesión ordinaria del Consejo de Derechos Humanos (CDH)

Este importante documento declara por primera vez la existencia de este derecho para todos los seres humanos, refiere un comunicado de la Misión Permanente de la mayor de las Antillas en Ginebra.

Al presentarlo, Anayansi Rodríguez, representante permanente de la isla ante la Oficina de la ONU en esta ciudad suiza, recordó las recientes palabras del presidente Raúl Castro cuando expresó que «la paz es un derecho legítimo de cada ser humano y de todos los pueblos».

Esas palabras forman parte del discurso pronunciado por el mandatario cubano el 23 de junio último en la Ceremonia de Firma de Acuerdos sobre Cese al Fuego y de Hostilidades Bilateral y Definitivo, Dejación de las Armas y Garantías de Seguridad entre el gobierno de Colombia y las FARC-EP. En momentos en que la paz mundial es un anhelo al que aspiran millones de seres humanos, esta Declaración ayudará a sensibilizar a las personas y los gobiernos sobre los múltiples elementos que componen el derecho a la paz y, con ello, reforzar la cooperación internacional, así como las acciones que propicien dicha cooperación, la solidaridad y el diálogo entre civilizaciones, prosigue el comunicado.

Organizaciones de la sociedad civil, artistas de talla internacional y muchas otras personas apoyaron activamente su adopción. El aporte de ellos fue esencial en todo el proceso de varios años que llevó a este importante resultado, resalta.

Cuba, país sede de trascendentales eventos para la paz regional y mundial durante el 2016, promovió activamente durante varios años el reconocimiento de ese derecho por el Consejo.

Corresponderá ahora a la Asamblea General de las Naciones Unidas proclamar la «Declaración sobre el Derecho a la Paz» en su 71 período ordinario de sesiones, y con esa acción dar esperanza a millones de personas en el planeta que desean vivir en un mundo caracterizado por la coexistencia pacífica entre las naciones, la cooperación y la solidaridad internacional, concluye la nota.

Fuente: http://www.prensa-latina.cu/index.php?option=com_content&task=view&idioma=1&id=5028121&Itemid=1

Imagen tomada de: http://www.escambray.cu/wp-content/uploads/2016/07/Consejo-derechos-humanos-1024×682.jpg

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