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Brasil: Un’altra agenda (mondiale): liberiamo la vita o un altro paradigma di civiltà?

Un’altra agenda (mondiale): liberiamo la vita o un altro paradigma di civiltà?

Leonardo Boff

Nota preliminareè stato organizzato un gruppo internazionale che ha proposto “un’altra agenda mondiale per liberare la vita”. La prima sessione si è tenuta il 5/5/2022. Ciascun partecipante (circa 20 in tutto, ma non tutti hanno partecipato) ha avuto 10-15 minuti per presentare la propria opinione sull’argomento. Il coordinatore era un noto economista italiano, che lavora nella Comunità Europea, a Bruxelles. Lo scopo fondamentale è come democratizzare la conoscenza scientifica che rafforzi la ricerca di un’agenda che miri a liberare la vita. Presento qui la mia breve relazione, fatta in francese, con le idee che ho proposto e difeso in altri scritti. Finora, per quanto visto, la nuova agenda si muove ancora all’interno del vecchio paradigma (la bolla dominante), senza sollevare la questione della profonda crisi che questo paradigma, quello della modernità tecno-scientifica, ha provocato e che sta mettendo a rischio il futuro della nostra vita e della nostra civiltà. Da qui l’opportunità di esporre chiaramente la mia posizione critica e totalmente incredula sulle potenzialità di questo paradigma di liberazione della vita, prima che la stia rapidamente distruggendo.

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Andrò dritto al punto: all’interno dell’attuale paradigma di civiltà, della modernità, è possibile un’altra Agenda o ne tocchiamo i limiti insormontabili e dobbiamo cercare un altro paradigma di civiltà se vogliamo continuare a vivere su questo pianeta?

La mia risposta è ispirata a tre affermazioni di grande autorità.

La prima è della Carta della Terra, adottata dall’UNESCO nel 2003. La sua frase di apertura assume toni apocalittici: “Siamo di fronte a un momento critico nella storia della Terra, in un’epoca in cui l’umanità deve scegliere il suo futuro… La nostra scelta è: o formare un’alleanza globale per prendersi cura della Terra e gli uni degli altri, o rischiare la nostra distruzione e la distruzione della diversità della vita” (Preambolo).

La seconda severa affermazione è di papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti (2020): “siamo sulla stessa barca, nessuno si salva da solo, o ci salviamo tutti o nessuno si salva” (n.32).

La terza affermazione è del grande storico Eric Hobsbawn nella sua famosa opera The Age of Extremes (1994) nella sua frase finale: “Non sappiamo dove stiamo andando. Tuttavia, una cosa è certa. Se l’umanità vuole avere un futuro accettabile, non può esserlo per il prolungamento del passato o del presente. Se proviamo a costruire il terzo millennio su queste basi, falliremo. E il prezzo del fallimento, cioè l’alternativa per il cambiamento della società, è l’oscurità” (p.562).

In altre parole: il nostro modo di abitare la Terra, che ci ha portato innegabili vantaggi, è giunto al suo esaurimento. Tutti i semafori sono diventati rossi. Abbiamo costruito il principio dell’autodistruzione, essendo in grado di sterminare tutta la vita con armi chimiche, biologiche e nucleari in molti modi diversi. La tecno-scienza che ci ha fatto arrivare ai limiti estremi di sopportabilità del pianeta Terra (The Earth Overshoot) non è in grado, da sola, come ha dimostrato il Covid-19, di salvarci. Possiamo limare i denti del lupo pensando, illusoriamente, di averlo privato della sua voracità. Ma questa non risiede nei denti del lupo, ma nella sua natura.

Pertanto, dobbiamo abbandonare la nostra nave e andare oltre una nuova agenda mondiale. Siamo arrivati ​​alla fine del cammino. Dobbiamo aprirne uno diverso. Altrimenti, come ha detto Sigmund Bauman nella sua ultima intervista prima di morire: “ci uniremo al corteo di coloro che si stanno dirigendo verso la propria tomba”. Siamo costretti, se vogliamo vivere, a ricrearci e reinventare un nuovo paradigma di civiltà.

Due paradigmi: del dominus e del frater

Vedo in questo momento il confronto tra due paradigmi: il paradigma del dominus e il paradigma del frater. In un’altra formulazione: il paradigma della conquista, espressione della volontà di potenza come dominio, formulata dai padri fondatori della modernità con Cartesio, Newton, Francis Bacon, dominio di tutto, dei popoli, come nelle Americhe, nell’Africa e nell’Asia, dominio delle classi, della natura, della vita e dominio della materia fino alla sua ultima espressione energetica del bosone di Higgs.

L’essere umano (maître et possesseur di Cartesio) non si sente parte della natura, ma il suo signore e proprietario (dominus) che nelle parole di Francis Bacon “deve torturare la natura come fa il carnefice con la sua vittima, fino a quando essa non sveli a tutti i suoi segreti”. Lui è il fondatore del metodo scientifico moderno, prevalente fino ai giorni nostri.

Questo paradigma concepisce la Terra come un mera res extensa (realtà fisica estesa) e senza scopo, trasformata in uno scrigno di risorse, viste come infinite che consentono una crescita/sviluppo anch’esso infinito. Accade così che oggi sappiamo scientificamente che un pianeta finito non può sopportare un progetto infinito. Questa è la grande crisi del sistema del capitale come modo di produzione e del neoliberismo come sua espressione politica.

L’altro paradigma è quello del frater: il fratello e la sorella di tutti gli esseri umani tra di loro e i fratelli e le sorelle di tutti gli altri esseri della natura. Tutti gli esseri viventi possiedono, come dimostrarono Dawson e Crick negli anni ’50, gli stessi 20 aminoacidi e le 4 basi azotate, a partire dalla cellula più originaria apparsa 3,8 miliardi di anni fa, passando per i dinosauri e arrivando fino a noi umani. Per questo, lo dice la Carta della Terra e lo sottolinea con forza papa Francesco nelle sue due encicliche ecologiche, Laudato Si: sulla cura della casa comune (2015) e Fratelli tutti (2020): un vincolo di fraternità ci unisce tutti, “a fratello Sole, sorella Luna, a fratello fiume e alla Madre Terra” (LS n.92; CT preambolo). L’essere umano si sente parte della natura e ha la stessa origine di tutti gli altri esseri, “l’humus” (la terra fertile) da cui deriva l’uomo, come maschio e femmina, uomo e donna.

Se nel primo paradigma prevalgono la conquista e il dominio (paradigma Alessandro Magno e Hernan Cortes), nel secondo si mostra la cura e la corresponsabilità di tutti con tutti (paradigma Francesco d’Assisi e Madre Teresa di Calcutta).

Rappresentando figurativamente possiamo dire: il paradigma del dominus è il pugno chiuso che sottomette e domina. Il paradigma del frater è la mano tesa che si intreccia con le altre mani per l’essenziale carezza e la cura di tutte le cose.

Il paradigma del dominus è dominante ed è all’origine delle nostre numerose crisi in tutti i settori. Il paradigma del frater è nascente e rappresenta il più grande anelito dell’umanità, specialmente di quelle grandi maggioranze spietatamente dominate, emarginate e condannate a morire prima del tempo. Ma ha la forza di un seme. Come in ogni seme, sono presenti le radici, il tronco, i rami, le foglie, i fiori ei frutti. Ecco perché la speranza passa attraverso di esso, come principio più che come virtù, come quell’energia indomabile che proietta sempre nuovi sogni, nuove utopie e nuovi mondi, cioè ci fa camminare nella direzione di nuovi modi di abitare la Terra, di produrre, di distribuire i frutti della natura e del lavoro, di consumare e odi rganizzare relazioni fraterne e solidali tra gli esseri umani e con gli altri esseri della natura.

Il passaggio da un paradigma del dominus al paradigma del frater

So che qui si pone lo spinoso problema della transizione da un paradigma all’altro. Essa si farà processualmente, avendo un piede nel vecchio paradigma del dominus/conquista poiché dobbiamo garantire la nostra sussistenza e l’altro piede nel nuovo paradigma del frater/cura per inaugurarlo a partire dal basso. Qui dovrebbero essere discusse diverse ipotesi, ma non è il momento di farlo. Ma una cosa si può avanzare: lavorando territorialmente, il bio-regionalismo, il nuovo paradigma del frater/cura può essere attuato a livello regionale in modo sostenibile, poiché ha la capacità di coinvolgere tutti e creare maggiore uguaglianza sociale ed equilibrio ambientale.

La nostra grande sfida è questa: come passare da una società capitalista di sovrapproduzione di beni materiali a una società che sostiene tutta la vita, con valori umano-spirituali, immateriali come l’amore, la solidarietà, la compassione, l’equa misura, il rispetto e il prendersi cura soprattutto dei più vulnerabili.

L’avvento di una bio-civiltà

Questa nuova civilizzazione ha un nome: è una bio-civiltà, in cui la centralità è occupata dalla vita in tutta la sua diversità, ma soprattutto la vita umana personale e collettiva. L’economia, la politica e la cultura sono al servizio del mantenimento e dell’ampliamento delle potenzialità presenti in ogni forma di vita.

Il futuro della vita sulla Terra e il destino della nostra civiltà è nelle nostre mani. Abbiamo poco tempo per apportare i cambiamenti necessari, poiché siamo già entrati nella nuova fase della Terra, il suo crescente riscaldamento. Manca la sufficiente coscienza delle emergenze ecologiche nei capi di stato ed è ancora molto rara nell’insieme dell’umanità.

*Ecoteologo che ha scritto Abitare la Terra:quale via per la fraternità universale,Castelvcchi 2021

Traduzione dal Portoghese di Gianni Alioti

 

Fuente de la Información: https://leonardoboff.org/2022/05/11/unaltra-agenda-mondiale-liberiamo-la-vita-o-un-altro-paradigma-di-civilta/

 

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Brasil – Otra agenda mundial: liberar la vida u otro paradigma civilizatorio?

Otra agenda mundial: liberar la vida u otro paradigma civilizatorio?

Leonardo Boff

Nota previa: Se ha organizado un grupo internacional que se propone “otra agenda mundial para liberar la vida”. La primera sesión tuvo lugar el día 5/5/2022. Cada participante (en total unos 20 aunque no todos intervinieron) tenía 10-15 minutos para presentar su visión del tema. El coordinador era un conocido economista italiano, que trabaja en la Comunidad Europea, en Bruselas. El propósito básico es cómo democratizar los conocimientos científicos que refuerzan la búsqueda de una agenda que tenga como objetivo liberar la vida. Expongo aquí mi corta presentación, hecha en francés, con las ideas que he propuesto y defendido en otros escritos. Hasta ahora, por lo visto, la nueva agenda se sitúa todavía dentro del viejo paradigma (la burbuja dominante), sin plantearse la cuestión de la profunda crisis que este paradigma, el de la modernidad científico-técnica, ha provocado, paradigma que está poniendo en peligro el futuro de nuestra vida y de nuestra civilización. De ahí la oportunidad de exponer claramente mi posición crítica, que no cree en las virtualidades de liberar la vida de este paradigma, pues la está destruyendo rápidamente. Lboff.

Voy directo al punto: ¿dentro del actual paradigma civilizatorio, de la modernidad, es posible otra Agenda o hemos tocado sus límites insuperables y tenemos que buscar otro paradigma civilizatorio si todavía queremos seguir viviendo sobre este planeta?

Mi respuesta se inspira en tres afirmaciones de gran autoridad.

La primera es de la Carta de la Tierra, aprobada por la UNESCO en 2003. Su frase inicial presenta tonos apocalípticos: “Estamos ante un momento crítico de la historia de la Tierra, en el cual la humanidad debe elegir su futuro… y esa elección es: o formar una alianza global para cuidar la Tierra y cuidarnos unos a otros, o arriesgarnos a la destrucción de nosotros mismos y a la destrucción de la diversidad de la vida” (Preámbulo).

La segunda afirmación muy seria es del Papa Francisco en la encíclica Fratelli tutti(2020): “estamos en el mismo barco, nadie se salva solo, o nos salvamos todos o no se salva nadie” (n.32).

La tercera afirmación es del gran historiador Eric Hobsbawn en su conocida obra Laera de los extremos (1994) en su frase final: No sabemos hacia donde estamos yendo. Sin embargo, una cosa es segura: si la humanidad quiere tener un futuro aceptable, no puede ser mediante la prolongación del pasado o del presente. Si intentamos construir el tercer milenio sobre esta base vamos a fracasar. Y el precio del fracaso, o sea la alternativa al cambio de la sociedad, es la oscuridad”(p.562).

En otras palabras: nuestro modo de habitar la Tierra, que nos ha traído innegables beneficios, ha llegado a su agotamiento. Todos los semáforos están en rojo. Hemos construido el principio de autodestrucción, que puede exterminar toda la vida con armas químicas, biológicas y nucleares de muchas formas distintas. La tecnociencia que nos hace llegar a los límites extremos de sostenibilidad del planeta Tierra (The Earth Overshoot) no tiene condiciones por si sola, como la Covid-19 ha mostrado, para salvarnos Podemos limar los dientes al lobo pensando que le quitamos, ilusoriamente, su voracidad. Pero esta no reside en los dientes sino en su naturaleza.

Por lo tanto, tenemos que abandonar nuestro barco e ir más allá de una nueva agenda mundial. Hemos llegado al final del camino. Tenemos que abrir un camino distinto. De lo contrario, como dijo en su última entrevista antes de morir Zygmunt Bauman: “vamos a engrosar el cortejo de aquellos que caminan en dirección a su propia tumba”. Nos vemos forzados, si queremos vivir, a recrearnos y a reinventar un nuevo paradigma de civilización.

Dos paradigmas: el del dominus y el del frater

En este momento veo enfrentados dos paradigmas: el paradigma del dominus y el paradigma del frater. Dicho de otra manera: el paradigma de la conquista esexpresión de la voluntad de poder como dominación, formulada por los padres fundadores de la modernidad, como Descartes, Newton, Francis Bacon; dominación de todo, de pueblos, como en las Américas, África y Asia, dominación de clases, de la naturaleza, de la vida y dominación de la materia hasta su última expresión energética con el Bosón de Higgs.

El ser humano (maître et possesseur de Descartes) no se siente parte de la naturaleza, sino su dueño y señor (dominus), que en palabras de Francis Bacon “debe torturar a la naturaleza como el torturador hace con su víctima hasta que entregue todos sus sus secretos”. Él es el fundador del método científico moderno, prevalente hasta el día de hoy.

Ese paradigma entiende la Tierra como mera res extensa y sin propósito, transformada en un baúl de recursos, considerados infinitos y que permiten un crecimiento/desarrollo también infinito. Sucede sin embargo que hoy sabemos científicamente que un planeta finito no soporta un proyecto infinito. Esta es la gran crisis del sistema del capital como modo de producción y del neoliberalismo como su expresión política.

El otro paradigma es el de frater: hermano y hermana de todos los seres humanos entre sí y hermanos y hermanas de todos los demás seres de la naturaleza. Todos los seres vivos tenemos, como Dawson y Crick mostraron en los años 1950, los mismos 20 aminoácidos y las 4 bases nitrogenadas, desde la célula más originaria que surgió hace 3.800 millones de años, pasando por los dinosaurios y llegando hasta nosotros humanos. Por eso dice la Carta de la Tierra y lo enfatiza fuertemente el Papa Francisco en sus dos encíclicas ecológicas, Laudato Si: sobre el cuidado de la Casa Común (2015) y Fratelli tutti (2020): un lazo de fraternidad nos une a todos, “al hermano Sol, la hermana Luna, al hermano río y a la Madre Tierra” (LS n.92; CT preámbulo). El ser humano se siente parte de la naturaleza y tiene el mismo origen que todos los demás seres: “el humus” (la tierra fértil) de donde se deriva homo, como masculino y femenino, hombre y mujer.

Si en el primer paradigma prevalece la conquista y la dominación (paradigma de Alejandro Magno y Hernán Cortés), en el segundo se muestra el cuidado y la corresponsabilidad de todos con todos (paradigma de Francisco de Asís y Madre Teresa de Calcuta).

Representado figurativamente podemos decir: el paradigma del dominus es el puño cerrado que somete y domina. El paradigma del frater es la mano extendida que se entrelaza con otras manos para la caricia esencial y el cuidado de todas las cosas.

El paradigma del dominus es el dominante, está en el origen de nuestras muchas crisis y en todas las áreas. El paradigma del frater está naciendo y representa el mayor anhelo de la humanidad, especialmente de aquellas grandes mayorías dominadas sin piedad, marginalizadas y condenadas a morir antes de tiempo. Pero posee la fuerza de una semilla y, como en toda semilla, en ella están presentes las raíces, el tronco, las ramas, las hojas, las flores y los frutos. Por eso por él pasa la esperanza, como principio más que como virtud, como aquella energía indomable que proyecta siempre nuevos sueños, nuevas utopías y nuevos mundos, es decir, nos hace caminar en dirección a nuevas formas de habitar la Tierra, de producir, de distribuir los frutos de la naturaleza y del trabajo, de consumir y de organizar relaciones fraternales y sororales entre los humanos y con los demás seres de la naturaleza.

El paso del paradigma del dominus al paradigma del frater

Sé que aquí se plantea el espinoso problema de la transición de un paradigma a otro. Se hará gradualmente, con un pie en el viejo paradigma del dominus/conquista ya que debemos garantizar nuestra subsistencia y el otro pie en el nuevo paradigma del frater/cuidado para inaugurarlo a partir de abajo. Aquí deben ser discutidos varios supuestos, pero no es el momento de hacer eso. Una cosa podemos adelantar: la gran amenaza para la continuidad de la vida humana en el planeta es el calientamiento global incontrolable que puede frustrar todos nuestros proyectos. Apesar de esto, si tenemos alguún futuro, hau que empezar trabajando el territorio, el biorregionalismo. En él se podrá implantar regionalmente el nuevo paradigma del frater/cuidado de forma sostenible, pues tiene la capacidad de incluir a todos y crear más igualdad social y equilibrio ambiental. Pero siempre a condición de habermos superado y sobrevivido al calientamiento global.

Nuestro gran desafío es este: cómo pasar de una sociedad capitalista de superproducción de bienes materiales a una sociedad de sostenimiento de toda la vida, con valores humano-espirituales intangibles como el amor, la solidaridad, la compasión, la justa medida, el respeto y el cuidado especialmente de los más vulnerables.

El adviento de una biocivilización

Esta nueva civilización tiene un nombre: es una biocivilización, cuya centralidad es la vida en toda su diversidad, pero especialmente la vida huma personal y colectiva. La economía, la política y la cultura están al servicio del mantenimiento y de la expansión de las virtualidades presentes en todas las formas de vida.

El futuro de la vida en la Tierra y el destino de nuestra civilización están en nuestras manos. Tenemos poco tiempo para hacer las trasformaciones necesarias, pues ya hemos entrado en la nueva fase de la Tierra, su calentamiento creciente. Falta la suficiente conciencia en los jefes de estado sobre las emergencias ecológicas y es todavía muy escasa en el conjunto de la humanidad.

Leonardo Boff, teólogo, filósofo y ha escrito: Ecología: grito de la Tierra, grito de los pobres, 1999/2018; Habitar la Tierra: ¿cuál es el camino para la fraternidad universal? Vozes 2022.

Traducción de Mª José Gavito Milano

 

Fuente de la Información: https://leonardoboff.org/2022/05/08/otra-agenda-mundial-liberar-la-vida-u-otro-paradigma-civilizatorio/

 

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Brasil: O que sabemos e o que não sabemos sobre o Covid de longa duração

O que sabemos e o que não sabemos sobre o Covid de longa duração

Leonardo Boff

Publicamos aqui um pequeno artigo traduzido do ECONOMIST de 30/4/22 que nos relata sobre as consequências do Covid-19, chamado de “long covid” , prolongamento do covid-19 ou de Covid de longa duração. São raras as informações sobre este tema. Com no Brasil mais de 20 milhões pessoas foram afectadas por este vírus, é de bom juízo trazer informações acerca do que pode ocorrer após a infecção, superada pelas várias vacinas. Uma razão a mais para continuarmos com as prevenções pois o vírus pode conhecer outras mutações que eventualmente tornam a afetar os já imunizados ou portadores de sequelas danosas. LBoff

27 de abril de 2022 (Atualizado em 29 de abril de 2022) Eis o texto:

Mais de dois anos desde o início da pandemia de covid-19, os cientistas aprenderam muito sobre como o vírus SARS-CoV-2 afeta o corpo. Mas os sintomas e as complicações conhecidas como “covíd longo” são muito menos compreendidos. Os Centros de Controle e Prevenção de Doenças (CDC) dos Estados Unidos definem o covid longo como a continuação dos sintomas por pelo menos quatro semanas após a infecção. A Organização Mundial da Saúde diz que geralmente ocorre três meses após o início do vírus e dura pelo menos dois meses. Fadiga, falta de ar e neblina cerebral são características comuns. Há pouco consenso sobre como tratá-lo. O que é o covid prolongado?

A prevalência do covid longo é difícil de calcular e alguns relatórios iniciais deram estimativas inflacionadas. O CDC acredita que um em cada dez americanos desenvolverá sintomas de covid longo mais de um mês após a infecção. O Escritório Britânico de Estatísticas Nacionais (ONS) estima que 1,7 milhões de pessoas, ou 2,7% da população, estavam experimentando o auto-relatado covid de longa duração a partir de 5 de março. Dessas, 1,1 milhões encontraram sua capacidade de realizar atividades do dia-a-dia seriamente reduzida. A maioria experimentou fadiga, um terço teve falta de ar, e quase um quarto relatou dores musculares. A condição era mais comum em mulheres, entre 35 e 49 anos de idade e em pessoas que viviam em áreas pobres. As pessoas empregadas na assistência social, educação ou cuidados de saúde também eram mais propensas a relatar sintomas.

Mas há problemas até mesmo com estas estimativas cuidadosas. A fadiga e a dor muscular poderiam ser causadas por uma série de outras condições. Um estudo anterior da ONS descobriu que 5% das pessoas infectadas com covid tinham pelo menos um dos 12 sintomas comuns 12 a 16 semanas após a infecção; 3,4% de um grupo de controle que não tinha sido infectado também relatou um desses sintomas.

Confusamente, o covid longo pode na verdade ser uma coleção de síndromes bem diferentes. Por exemplo, qualquer encontro com uma doença infecciosa pode ter sérias consequências a longo prazo. O covid pode causar danos duradouros ou permanentes aos pulmões e ao coração. Alguns casos de covid longo podem realmente ser “síndrome de cuidados pós-intensivos”, que pode afetar qualquer pessoa que passe tempo em uma unidade de terapia intensiva. Os doentes enfrentam sérias fraquezas físicas, danos pulmonares e problemas de memória e atenção. Eles podem ter distúrbio de estresse pós-traumático. E os pesquisadores também se perguntam se alguns casos de covid prolongado podem ser uma forma de síndrome pós-viral, como a fadiga crônica. Por último, alguns pacientes que parecem ter  covid longo podem, de fato, ter uma infecção contínua que seu sistema imunológico ainda não foi eliminada.

Como muitas pessoas já contraíram o covid, se mesmo uma porcentagem mínima sofrer de problemas de saúde contínuos, uma enorme crise de saúde pública poderia ocorrer. Alguns a chamam de pandemia após a pandemia. As empresas farmacêuticas estão buscando ensaios de medicamentos que possam ajudar. Estão em andamento estudos com um medicamento chamado Paxlovid, que já é usado para tratar o próprio covid, bem como com outros antivirais. Outro estudo está testando uma hipótese de que o vírus pode prejudicar a capacidade das células humanas de gerar energia (o que causaria fadiga e fraqueza muscular). Algumas empresas estão procurando soluções para dor crônica, função pulmonar danificada e defeitos cognitivos. Além de ajudar os que sofrem de uma doença de longa duração, este trabalho pode beneficiar aqueles com outras condições pós-virais, que há muito são ignoradas.

Fonte: The Economits 30/4//22

 

Fuente de la Información: https://leonardoboff.org/2022/04/30/o-que-sabemos-e-o-que-nao-sabemos-sobre-o-covid-de-longa-duracao/

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Brasil: Pascua: la irrupción de lo inesperado

Pascua: la irrupción de lo inesperado

Leonardo Boff

Los cristianos celebran en Pascua aquello que ella significa: el paso. En nuestro contexto, es el paso  de la decepción a la irrupción de lo inesperado. La decepción aquí es la crucifixión de Jesús de Nazaret y lo inesperado, su resurrección.

Él fue alguien que pasó por el mundo haciendo el bien. Mas que doctrinas introdujo prácticas, ligadas siempre a la vida de los más débiles: curaba ciegos, purificaba leprosos, hacía andar a cojos, devolvía la salud a muchos enfermos, daba de comer a multitudes y llegaba a resucitar muertos. Conocemos su fin trágico: una trama urdida entre religiosos y políticos lo llevó a la muerte en la cruz.

Los que lo seguían, apóstoles y discípulos, quedaron profundamente frustrados con el fin trágico de la crucifixión. Todos, menos las mujeres que también lo seguían, empezaron a volver a sus casas. Decepcionados, pues esperaban que traería la liberación de Israel. Tal frustración aparece claramente en los dos discípulos de Emaús, probablemente una pareja, que caminaban llenos de tristeza. A uno que se une a ellos en el camino, lamentándose, le dicen: “Nosotros esperábamos que fuese él quien liberara a Israel, pero hace ya tres días que lo condenaron a muerte”(Lucas 24,21). Ese compañero del camino se reveló después como Jesús resucitado, reconocido en la forma como bendijo el pan, lo partió y lo distribuyó.

La resurrección estaba fuera del horizonte de sus seguidores. Había un grupo en Israel que creía en la resurrección, pero al final de los tiempos, una resurrección entendida como una vuelta a la vida como siempre fue y es. Pero con Jesús sucedió lo inesperado, pues en la historia siempre puede ocurrir lo inesperado y lo improbable. Sólo que lo improbable y lo inesperado aquí son de otra naturaleza, un evento realmente improbable e inesperado: la resurrección.

Ella debe ser bien entendida: no se trata de la reanimación de un cadáver como el de Lázaro. La Resurrección representa una revolución dentro de la evolución. El fin bueno de la historia humana se anticipa. Ella significa lo inesperado de la irrupción del ser humano nuevo, como dice San Pablo, del “novísimo Adán”.

Este evento es realmente la concretización de lo inesperado. Teilhard de Chardin, cuya mística está toda centrada en la resurrección como una absoluta novedad dentro del proceso de la evolución, decía que era un “tremendous”, algo que por tanto alcanza a todo o el universo.

Esta es la fe fundamental de los cristianos. Sin la resurrección las comunidades cristianas no existirían. Perderían su evento fundador y fundante.

Finalmente cabe resaltar que los dos misterios mayores de la fe cristiana están íntimamente ligados a la mujer: la encarnación del Hijo de Dios a María (Lucas 1,35) y la resurrección a María de Magdala (Juan 20,15). Parte de la Iglesia, la jerárquica, rehén del patriarcalismo cultural, no ha atribuido a este hecho singular ninguna relevancia teológica. Ella seguramente está en el designio de Dios y debería ser acogido como algo culturalmente innovador.

En estos tiempos sombríos, marcados por la muerte y hasta con la eventual desaparición de la especie humana, la fe en la resurrección nos abre un futuro de esperanza. Nuestro fin no es la autodestrucción dentro de una tragedia sino la plena realización de nuestras potencialidades a través de la resurrección, la irrupción del hombre y de la mujer nuevos.

Feliz Pascua a todos los que consiguen creer y también a quienes no lo consiguen.

*Leonardo Boffes es teólogo y ha escrito: La resurrección de Cristo y nuestra resurrección en la muerte, Vozes 1982. Publicado en español por la editorial Sal Terrae.

Traducción de Mª José Gavito Milano

Fuente de la Información: https://leonardoboff.org/2022/04/16/pascua-la-irrupcion-de-lo-inesperado/

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Brasil: Peligro de destrucción de nuestro futuro

Peligro de destrucción de nuestro futuro

Leonardo Boff*

En julio de 2021 el gran pensador de la complejidad Edgard Morin cumplió 100 años. Observador atento del curso del mundo, nos entregó un libro Réveillons-nous! – ¡Despertemos!, lleno de sabias y serias advertencias. Resumió su pensamiento en una entrevista a Jules de Kiss, publicada el 26 de marzo de 2022 en Franceinfo y reproducida en portugués por el IHU el 4/4/22. Lector asiduo de sus escritos, esta entrevista inspiró el presente artículo.

Morin advierte lo que vengo repitiendo desde hace mucho tiempo: debemos estar atentos, intentar ver y entender lo que está ocurriendo. La gran mayoría, inclusive jefes de estado, no son conscientes de las graves amenazas que pesan sobre el planeta Tierra, sobre la vida y sobre nuestro futuro. Parecen sonámbulos o zombis, obcecados con la idea del crecimiento económico sin fin y también con la seguridad y con más construcción de armas de destrucción masiva.

Estamos viviendo varias crisis, todas ellas graves: la más inmediata es la pandemia que afecta a todo el planeta, cuyo sentido último no ha sido identificado todavía. Para mí es una señal que la Tierra viva ha enviado a sus hijos e hijas: “no pueden seguir con el pillaje sistemático de la comunidad de vida en la cual se encuentran los hábitats de los distintos virus que en los últimos años han asolado regiones del planeta”. La Covid-19 ha alcanzado todo el planeta, pero no a otros seres vivos y domésticos. Es una señal que no está siendo leída por la mayoría de la humanidad, ni tampoco por los analistas, centrados en las vacunas y en los cuidados necesarios.

¿Quién se pregunta en qué contexto apareció el virus? Él es consecuencia del asalto de los seres humanos a la naturaleza, especialmente por la deforestación de vastas regiones, destruyendo la casa donde habitan los virus, que pasaron a otros animales y de ellos a nosotros.

La crisis climática es grave, pues si no tenemos cuidado

hasta 2030 el calentamiento global puede aumentar 1,5 grados centígrados o más, lo que comprometería a la mayoría de los organismos vivos y a gran parte de la humanidad. Junto a esto está la Sobrecarga de la Tierra (Earth Oveshoot), constatada el 29 de julio de 2021: los bienes y servicios importantes para la vida se están agotando. Ya ahora necesitamos 1,7 Tierras para atender el tipo de consumo principalmente de las clases opulentas. Arrancamos de la Tierra lo que ella ya no nos puede dar. Ella reacciona aumentando el calentamiento, los eventos extremos, la erosión de la biodiversidad y más conflictos sociales.

Lo que funciona como una espada de Damocles es la posibilidad de una guerra nuclear que puede destruir toda la vida y gran parte de la humanidad. Morin escribe: “Pienso que hemos entrado en una nueva fase. Por primera vez en la historia, la humanidad corre peligro de aniquilación, tal vez no total –habrá algunos supervivientes, como en Mad Max –, pero una especie de ‘reinicio‘ desde cero en condiciones sanitarias sin duda terribles”. 

La guerra en Ucrania ha suscitado este fantasma, pues Rusia, como ya decía Gorbachov, puede destruir toda la vida con solo la mitad de sus ojivas nucleares. Pero, lleno de confianza en que la historia anda, no está cerrada, Morin afirma esperanzado: “Precisamos esperar lo inesperado para saber como navegar en la incertidumbre”.

Es de todos conocida la erosión de las ideas democráticas en el mundo entero. En muchos países, como en Brasil, se está imponiendo un espíritu autoritario y fascistoide, que hace de la violencia física y simbólica y de la mentira directa una forma de gobernar. La democracia ha dejado de ser un valor universal y una forma de vivir civilizadamente en comunidad. Este espíritu puede provocar un tsunami de guerras regionales de gran destrucción.

No olvidemos la advertencia del Papa Francisco en la Fratelli tutti (2020): “estamos en el mismo barco, o nos salvamos todos o nadie se salva”. Somos responsables de nuestro futuro y de la vida en el planeta.

Tenemos la confianza de Morin de que, como la historia ha mostrado, lo inesperado y lo improbable pueden ocurrir. Ya nos enseñaba un pre-socrático: “si no esperamos lo inesperado, cuando venga, no lo percibiremos”. Y así lo perderemos.

Esta es nuestra confianza y esperanza: estamos en medio  de crisis que no  tienen por qué terminar en tragedias fatales. Pueden ser el  despertar de una nueva conciencia y entonces, la ocasión para un salto cualitativo hacia un tipo de convivencia pacífica dentro de la única Casa Común. ¿Será este el próximo paso de la humanidad? ¡Bienvenido sea!

*Leonardo Boff es teólogo y filósofo y ha escrito: Cómo cuidar de la Casa Común, Vozes 2017.

Traducción de María José Gavito Milano

 

Fuente de la Información: https://leonardoboff.org/2022/04/07/peligro-de-destruccion-de-nuestro-futuro/

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Brasil: El futuro de la vida depende de nosotros

El futuro de la vida depende de nosotros

Leonardo Boff

La Covid-19, al afectar a todos los humanos, nos ha dado una señal que cabe interpretar. En la naturaleza nada es fortuito. La visión mecanicista de que la naturaleza y la Tierra no tienen propósito está superada. Siendo seres vivos, son portadores de sentido y forman parte del cuadro general del proceso cosmogénico que tiene ya 13.700 millones de años. Si todos los elementos no se hubiesen articulado sutilmente, durante miles de millones de años, no estaríamos aquí para escribir sobre estas cosas.

¿Cuál es el sentido más inmediato que la naturaleza nos está revelando con el ataque del coronavirus? El sentido nos viene en forma de exhortación:

“Paren con el asalto sistemático y depravador de los ecosistemas, de los bosques y selvas, de los suelos, de las aguas, de la biodiversidad. Sus megacorporaciones industrialistas y extractivistas, sus empresas mineras, el agronegocio empresarial en asociación con la industria de agrotóxicos, los eyectores de giga-toneladas de gases de efecto invernadero en la atmósfera, los causantes de la erosión de la biodiversidad, ustedes están destruyendo las bases que sustentan su propia vida; están cavando su propia sepultura en el marco de un tiempo previsible; no los campesinos familiares, los pobres de la tierra, sino ustedes están destruyendo los hábitats de miles de virus presentes en los animales; buscando sobrevivir, encontraron en los humanos un huésped para su supervivencia a costa de la vida de ustedes. El falso proyecto de crecimiento/desarrollo ilimitado de su cultura consumista ya no lo pueden soportar la naturaleza y la Tierra, planeta viejo y limitado en bienes y servicios; como reacción a la violencia contra mí ‒la naturaleza y la Madre Tierra‒ les he enviado ya varios virus que les atacaron, pero no han visto en ellos una señal, no han aprendido a leerlos ni han sacado la lección que ellos contienen. Ustedes solo piensan en volver a la vieja y perversa normalidad; por eso les digo: o ustedes cambian su relación con la naturaleza y con la Madre Tierra, relación de cuidado, de respeto a sus límites, de autolimitación de la voracidad de ustedes, sintiéndose efectivamente parte de la naturaleza y no sus pretendidos dueños, o serán asolados por virus aún más letales; les advierto: uno de ellos puede ser tan resistente que mostraría la total ineficacia de las vacunas actuales y gran parte de la humanidad sería consumida por el Next Big One, el último y fatal. La Tierra y la vida en ella, especialmente la microscópica, no perecerán. La Tierra viva seguirá girando alrededor del Sol y regenerándose, pero sin ustedes. Por lo tanto, cuídense pues estamos en el tiempo de la cuenta atrás. La naturaleza es una escuela, pero ustedes no han querido matricularse en ella y por eso, irracionalmente, están pavimentando el camino que los llevará a su propia destrucción. Y ya no digo más”.

La pandemia ha afectado de forma global a la humanidad. Ya que la forma es global, la solución obviamente debería ser también global: discutida y decidida globalmente. ¿Dónde hay un centro plural y global para pensar y buscar soluciones para los problemas globales? La ONU no cumple sus objetivos fundacionales, pues se ha transformado en una agencia que defiende los intereses de las naciones poderosas, que tienen derecho a veto, particularmente en el organismo mayor que es el Consejo de Seguridad. Somos rehenes de la obsoleta visión de soberanía nacional, que todavía no se ha dado cuenta de la nueva fase de la historia humana, la planetización, que hace que todas las naciones estén interconectadas y que todas ellas en conjunto posean un destino común. Estamos todos dentro del mismo barco: o nos salvamos todos o nadie se salva, como advirtió el Papa Francisco. Este es el verdadero sentido de la globalización o de la planetización. El tiempo de las naciones pasó. Tenemos que construir la Casa Común dentro de la cual caben las distintas naciones culturales, siempre entrelazadas, formando una única Casa Común, incluida la naturaleza.

La pandemia ha dejado claro cuán inhumanos y crueles podemos ser: los ricos aprovecharon la situación y se han enriquecido mucho más mientras que los pobres se han vuelto mucho más pobres. La cultura vigente es competitiva y muy poco cooperativa. El lucro cuenta más que la vida. Las vacunas han sido desigualmente distribuidas, quedando los pobres expuestos al contagio y a la muerte. Todo un continente, con más de mil millones de personas, como es África, ha sido olvidado. Apenas el 10% de su población ha sido vacunada. La muerte campea especialmente entre los niños debido a la insensibilidad e  inhumanidad de nuestra civilización mundializada. Es el imperio de la barbarie, que niega cualquier sentido de civilización humana. Con razón hay analistas, especialmente biólogos, que se preguntan: ¿tenemos todavía derecho a vivir sobre este planeta? Nuestros modos de ser, de producir y de consumir amenazan a todas las demás especies. Hemos inaugurado una nueva era geológica, el antropoceno y hasta el necroceno, es decir: la gran amenaza mortal a la vida en este planeta no viene de un meteoro rasante sino del ser humano barbarizado, especialmente entre los estratos más opulentos de la población. Entre los pobres y marginados aún se conserva humanidad, solidaridad, ayuda mutua, cuidado de las cosas comunes, como se ha comprobado durante este tiempo de pandemia mundial.

La irrupción de la Covid-19 es una invitación a la reflexión: ¿por qué hemos llegado al punto actual, amenazados por un virus invisible que ha puesto de rodillas a las potencias militaristas y su fantasioso impulso imperial? ¿Hacia dónde vamos? ¿Qué cambios debemos realizar si queremos garantizar un futuro para nosotros y para nuestros descendientes? Los trillonarios globales (el 0.1% de la humanidad) sueñan con una radicalización total del orden del capital, imponiendo a todos un despotismo cibernético que vigilará y reprimirá a todos los opositores y que garantizaría sus fortunas. El estómago de la Madre Tierra no digerirá tal monstruosidad. Junto con la resistencia humana, indispensable, anulará sus pretensiones, negándoles las bases ecológicas, incontrolables por ellos, para ese proyecto perverso.

Como nunca antes en la historia el destino de nuestras vidas depende de las decisiones que debemos tomar colectivamente. En caso contrario, conoceremos el camino ya recorrido por los dinosaurios. No queremos eso. Pero estamos en una encrucijada.

(*) Leonardo Boff ha escrito Cuidar la Tierra – proteger la vida: cómo escapar del fin del mundo, Record, Rio de Janeiro 2010; con J.Moltmann, ¿Hay esperanza para la creación amenazada? Vozes 2013.

 

Fuente de la Información: https://www.elpais.cr/2022/01/15/el-futuro-de-la-vida-depende-de-nosotros/

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“Yo soy yo a través de ti”:Ubuntu: una salida a nuestra barbarie

Por: Leonardo Boff

La pandemia ha mostrado una abismal desigualdad mundial y una cruel falta de solidaridad hacia las personas que no pueden mantener la distancia social ni dejar de trabajar porque entonces no tienen qué comer. Para ser concretos: no hemos abandonado aún el mundo de la barbarie: si ya la habíamos dejado, hemos vuelto ella. Nuestro mundo no se puede llamar civilizado cuando un ser humano no reconoce y acoge a otro ser humano, independientemente del dinero que lleva en el bolsillo o tiene depositado en el banco, o de su visión de mundo y su pertenencia religiosa. La civilización surge cuando los seres humanos se entienden iguales y deciden convivir pacíficamente. Si esto es así, estamos todavía en la antesala de la civilización y navegamos en plena barbarie. Este escenario es dominante en el mundo de hoy, agravado aún más por el ataque de la Covid-19. Él adquirió su más siniestra expresión mediante la cultura del capital, competitiva, poco solidaria, individualista, materialista y sin ninguna compasión con la naturaleza. En este contexto ultrajante dos alternativas pueden salvarnos: la solidaridad y el internacionalismo. La solidaridad pertenece a la esencia de lo humano, pues si no hubiera habido un mínimo de solidaridad y de compasión, ninguno de nosotros estaría aquí hablando de estas cosas. Fue necesario que nuestras madres solidariamente nos acogieran, abrazaran, alimentaran y amaran para que podamos existir. Sabemos por la bioantropología que por la solidaridad nuestros antepasados antropoides se volvieron humanos, y con esto, civilizados, cuando empezaron a traer comida al grupo, la repartieron solidariamente entre ellos y practicaron la comensalidad. Esta acción continúa todavía hoy, cuando muchos grupos, especialmente los Sin Tierra, se han mostrado solidarios distribuyendo decenas de toneladas de alimentos del campo y muchos centenares de marmitas para saciar el hambre de miles de personas en las calles y periferias de nuestras ciudades. Parece obvio: si el problema es internacional, debería haber también una solución concertada internacionalmente. ¿Pero quién cuida de lo internacional? Cada país cuida de sí mismo como si no hubiese nada más allá de sus fronteras. Ocurre sin embargo que hemos inaugurado una fase nueva de la historia de la Tierra y de la Humanidad: la fase planetaria, la de la única Casa Común. Los virus no respetan las fronteras nacionales. La Covid-19 ha atacado a toda la Tierra y amenaza a todos los países sin excepción. Las soberanías se muestran obsoletas. ¿Qué hubiera sido de los mayores de Italia, gravemente infectados por la Covid-19, sin la solidaridad de Angela Merkel de Alemania que salvó a la gran mayoría? Pero eso fue una excepción para mostrar que es mediante la superación del nacionalismo envejecido en nombre del internacionalismo solidario como podremos encontrar un camino de salida a nuestra barbarie.En esa perspectiva consideramos inspiradora una categoría fundamental, venida de África. Mucho más pobre que nosotros, ella es más rica en solidaridad. Esta se expresa por la palabra Ubuntu, que significa: yo solo soy yo a través de ti. Por lo tanto, el otro es esencial para que yo exista en cuanto humano y civilizado. Inspirado por Ubuntu, el recién-fallecido arzobispo anglicano, Desmond Tutu, encontró para Sudáfrica una clave para la reconciliación entre blancos y negros en la Comisión de la Verdad y de la Reconciliación.Como ilustración de cómo el Ubuntu está enraizado en las culturas africanas, consideremos este pequeño testimonio: un viajante europeo y blanco se extasió con el hecho de que siendo más pobres que la mayoría, los africanos eran menos desiguales. Quiso saber el por qué. Ideó un test. Vio un grupo de chicos jugando futbol en un campo rodeado de árboles. Compró una hermosa cesta de variados frutos llenos de color y la puso en lo alto de una pequeña colina.
Llamó a los jóvenes y les dijo: “Allí arriba hay un cesta llena de sabrosos frutos. Vamos a hacer una apuesta, pónganse todos en fila y cuando dé la señal empiecen a correr. El primero que llegue arriba podrá coger la cesta y comer todo lo que quiera”.Dio la señal de partida. Cosa curiosa: todos se dieron las manos y juntos corrieron hacia lo alto, donde estaba la cesta. Y empezaron a saborear solidariamente los frutos.El europeo, estupefacto, preguntó: ¿por qué hicieron eso? ¿no era que el primero que llegase podría comer todos los frutos él solo?

Todos gritaron al unísono: ¡Ubuntu! ¡Ubuntu! Y un chico algo más mayor le explicó: “¿Cómo uno de nosotros podría ser feliz solo si todos los demás estuvieran tristes?” Y añadió: “Mi señor, la palabra Ubuntu significa eso para nosotros: “yo solo puedo ser yo por medio del otro”. “Sin el otro no soy nada y estaría siempre solo”. “Soy quien soy porque soy a través de los otros. Por eso repartimos todo entre nosotros, colaboramos unos con otros y así nadie se queda fuera y triste. Eso hicimos con su propuesta. Comemos todos juntos porque todos ganamos la carrera y juntos disfrutamos los buenos frutos que nos trajo. ¿Entendió ahora?”Este pequeño relato es lo contrario de la cultura capitalista. Esta imagina que alguien es tanto más feliz cuanto más puede acumular individualmente y disfrutarlo solo. A causa de esta actitud reina la barbarie, y hay tanto egoísmo, falta de generosidad y ausencia de colaboración entre las personas. La alegría (falsa) es de pocos, al lado de la tristeza (verdadera) de muchos. Para vivir bien en nuestra cultura, muchos tienen que vivir mal.Sin embargo, por todas partes en la humanidad, están fermentando grupos y movimientos que ensayan vivir esa nueva civilización de la solidaridad entre los humanos y también con la naturaleza.Creemos que la construcción del Arca de Noé ha empezado. Ella podrá salvarnos si el Universo y el Creador nos conceden el tiempo necesario. Fuera de la solidaridad y el sentido internacionalista pereceremos en nuestra barbarie.

*Leonardo Boff es eco-teólogo y ha escrito Covid-19, la Madre Tierra contraataca a la humanidad, Vozes 2020; Habitar la Tierra: ¿cuál es el camino para la fraternidad universal?, Vozes 2121.

Traducción de Mª José Gavito Milano

Fuente de la información e imagen: https://leonardoboff.org

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